Corte Ue: interessi sul rimborso Iva sono dovuti anche se elevati

Corte Ue: interessi sul rimborso Iva sono dovuti anche se elevati

Corte Ue: interessi sul rimborso Iva sono dovuti anche se elevati

Corte Ue: interessi sul rimborso Iva
sono dovuti anche se elevati
Oggetto della controversia tra una società olandese e il Fisco lituano che aveva ridotto l’ammontare calcolato sull’eccedenza di imposta da restituire perché superiore a quest’ultima
Corte Ue: interessi sul rimborso Iva|sono dovuti anche se elevati
L’articolo 183 della direttiva comunitaria sull’Iva, letto alla luce del principio di neutralità fiscale, deve essere interpretato nel senso che esso osta a una riduzione dell’importo degli interessi normalmente dovuti, in applicazione del diritto nazionale, su un’eccedenza di imposta non rimborsata nei termini, quando tale riduzione sia invocata per circostanze non imputabili al soggetto passivo, come l’elevato ammontare rispetto all’imposta da rifondere, la durata e le cause del ritardo nel rimborso, nonché le perdite effettivamente subite dal contribuente.
 
I fatti in causa
Una società stabilita nei Paesi Bassi, acquistava, in Lituania, partite di grano da fornitori di prodotti agricoli, assolvendo l’Iva.
Detta società esportava, quindi, il grano acquistato verso paesi terzi, applicando l’aliquota Iva dello 0% prevista dal diritto lituano.
Successivamente, la società si registrava in Lituania come soggetto passivo Iva e, nella relativa dichiarazione Iva, esponeva l’importo assolto, di cui chiedeva il rimborso.
 
La posizione del Fisco lituano
L’Ispettorato tributario del distretto lituano di Vilnius, tuttavia, negava il rimborso argomentando che, al momento dell’acquisto delle partite di grano, la società non fosse registrata come soggetto passivo Iva.
 
Il contenzioso nazionale e le successive vicende amministrative
La Commissione per il contenzioso tributario lituana, invece, riconosceva alla compagine olandese il diritto alla detrazione dell’Iva versata a monte e imponeva all’Autorità tributaria il rimborso della somma in questione, e questa ottemperava al deliberato.
La società domandava anche il pagamento degli interessi dovuti a causa dell’iniziale diniego di rimborso dell’eccedenza Iva: l’Ispettorato tributario competente, tuttavia, versava una somma a titolo di interessi su tale eccedenza per il periodo compreso tra la pronuncia della sentenza di condanna al pagamento e la data del rimborso della suddetta eccedenza, ma rifiutava il pagamento degli interessi moratori per il periodo precedente alla sentenza.
La società, esperita la fase amministrativa, proponeva ricorso dinanzi al Tribunale amministrativo regionale di Vilnius, per l’annullamento della decisione dell’Ispettorato tributario statale e la riforma della decisione dell’Ispettorato tributario del distretto di Vilnius.
La società sosteneva, infatti, che gli interessi dovessero essere calcolati dalla data di avvio del procedimento di verifica fiscale fino alla data del rimborso dell’eccedenza di imposta.
Il giudice adito accoglieva solo parzialmente il ricorso della compagine olandese e condannava l’Ispettorato tributario a versare ulteriori interessi.
L’Ispettorato tributario statale interponeva appello avverso tale decisione.
 
Questione pregiudiziale
Pertanto, la Corte amministrativa suprema della Lituania, investita della decisione, dopo aver sospeso il procedimento, ha proposto alla Corte di giustizia la seguente questione pregiudiziale:
  • se l’articolo 183 della direttiva Iva, in combinato disposto con il principio di neutralità fiscale, debba essere interpretato nel senso che esso osta a una riduzione degli interessi normalmente dovuti, in applicazione del diritto nazionale, su un’eccedenza di pagamento (eccedenza di Iva) che non sia stata rimborsata (compensata) tempestivamente, quando la riduzione tiene conto di circostanze diverse da quelle risultanti da azioni del soggetto passivo, come il rapporto tra gli interessi e l’ammontare dell’eccedenza non rimborsata tempestivamente, la durata e le cause del ritardo nel rimborso nonché le perdite effettivamente subite dal soggetto passivo.
La sentenza dei togati comunitari
La Corte di giustizia osserva che, se è vero che l’articolo 183 della direttiva Iva non prevede né l’obbligo di versare interessi sull’eccedenza di Iva a credito, né il dies a quo per il calcolo degli interessi stessi, tale circostanza non consente, di per sé, di concludere che detto articolo debba essere interpretato nel senso che le modalità stabilite dagli Stati membri, ai fini del rimborso dell’eccedenza di Iva, siano dispensate da qualsivoglia controllo in riferimento al diritto dell’Unione.
Difatti, inferisce la Corte, qualora il rimborso al soggetto passivo dell’eccedenza di Iva avvenga oltre un termine ragionevole, il principio di neutralità del sistema fiscale dell’Iva richiede che le perdite finanziarie così generate, a svantaggio del soggetto passivo, dall’indisponibilità delle somme di denaro di cui trattasi siano compensate dal pagamento di interessi di mora, stabiliti da ogni Stato membro, nel rispetto del principio di neutralità fiscale.
 
Gli interessi compensativi e moratori sull’Iva in Lituania
Il giudice del rinvio – rilevano i togati comunitari – ha fatto presente che, conformemente all’articolo 87, paragrafo 9, della legge sull’amministrazione tributaria, il tasso degli interessi dovuti al soggetto passivo in caso di rimborso tardivo dell’eccedenza di Iva è identico a quello degli interessi moratori che si applica ai soggetti passivi in caso di pagamento tardivo dell’imposta o della tassa dovuta. Detto tasso è ottenuto applicando una maggiorazione di dieci punti percentuali alla media ponderata del tasso di interesse annuale dei buoni del tesoro emessi nel trimestre precedente dalla Repubblica di Lituania.
Tuttavia, quando il rimborso dell’eccedenza di Iva superi di molto i termini previsti e comporti un lungo periodo di indisponibilità di fondi, un calcolo del genere potrebbe dar luogo a un importo di interessi compensativi sproporzionato rispetto alle perdite effettivamente subite dal soggetto passivo, che i criteri di ragionevolezza e di equità consiglierebbero sia all’autorità tributaria sia al giudice nazionale astrattamente di ridurre, anche se detto potere non era mai stato esercitato da alcun giudice lituano.
 
Il rapporto con il principio di neutralità dell’Iva
Gli eurogiudici osservano che una riduzione di tale ammontare solo perché esso sarebbe più elevato dell’importo principale implicherebbe, per il soggetto passivo, il rischio che il pagamento degli interessi moratori non copra tutto il periodo durante il quale il principio di neutralità fiscale impone che l’indisponibilità delle somme di denaro controverse sia compensata dal pagamento di interessi moratori.
Inoltre, continua la Corte, per quanto riguarda la durata del periodo in cui non è stato effettuato il rimborso, tale durata non può di per sé giustificare una riduzione degli interessi di mora, in quanto l’ammontare di questi ultimi è proprio inteso a compensare le perdite finanziarie subite dal soggetto passivo durante il periodo di tempo in questione. E comunque – inferiscono i togati comunitari – la possibilità di ridurre l’ammontare degli interessi dovuti in ragione della durata del ritardo nel rimborso potrebbe far sì che le autorità tributarie non si affrettino a rimborsare l’eccedenza di Iva, ciò che genererebbe a sua volta un rischio finanziario per il soggetto passivo contrario al principio di neutralità fiscale.
Del resto, dal punto di vista del soggetto passivo, non sussistono differenze rilevanti tra un rimborso tardivo dovuto a un trattamento amministrativo della domanda eccedente i termini e un rimborso tardivo avvenuto a causa di atti amministrativi che hanno escluso illegittimamente il rimborso e che sono stati successivamente annullati a seguito di una decisione della Corte.
 
Il (circoscritto) potere di riduzione degli interessi
Inoltre, continua la Corte, la possibilità per un giudice nazionale di ridurre l’importo degli interessi normalmente dovuti in applicazione del diritto nazionale, al fine di tener conto delle perdite effettivamente subite dal singolo soggetto passivo a causa della mancanza, durante il periodo in cui non è stato effettuato il rimborso, dell’importo di eccedenza di Iva a credito, richiede che il soggetto passivo dimostri le perdite finanziarie effettivamente subite a causa di tale mancanza di fondi.
Ma il governo lituano sostiene, da un lato, che il tasso degli interessi previsto all’articolo 99 della legge sull’amministrazione tributaria è volto non soltanto a compensare le perdite subite dal soggetto passivo, ma, in virtù della maggiorazione del tasso prevista, anche a sanzionare.
Dall’altro lato, il tasso fissato potrebbe applicarsi solo al periodo compreso tra la data della decisione dell’Autorità tributaria o, se del caso, della decisione giudiziaria che constata la fondatezza della domanda di rimborso e la data del rimborso integrale dell’eccedenza di Iva al soggetto passivo.
Il governo lituano ne conclude che l’applicazione di un tasso siffatto al periodo che precede una tale decisione comporterebbe una sovracompensazione delle perdite subite dal soggetto passivo a causa dell’indisponibilità dei fondi da rimborsare, circostanza che procurerebbe a quest’ultimo un vantaggio ingiustificato.
Ma, constata la Corte, gli argomenti del governo lituano si basano su una lettura della normativa lituana che differisce da quella esposta dal giudice del rinvio.
Dalla decisione di rinvio non risulta, infatti, che gli interessi di mora in questione nel procedimento principale abbiano carattere sanzionatorio.
Inoltre, il giudice del rinvio ha deciso che il momento, a partire dal quale gli interessi sono dovuti, sia determinato ai sensi dell’articolo 87, paragrafo 7, punto 1, della legge sull’amministrazione tributaria, il quale fissa un termine di 30 giorni dalla data di ricezione della domanda di rimborso e non dalla data della decisione sulla stessa.
 
In ogni caso, nell’ambito della libertà di stabilire le modalità di rimborso dell’eccedenza di Iva, gli Stati membri hanno il diritto, al fine di assicurare una compensazione mediante regole che siano agevolmente gestite e controllate dall’autorità tributaria, di prevedere interessi di mora forfettari.
Ma, concludono i togati comunitari, una normativa nazionale che preveda il pagamento di simili interessi moratori forfettari, come quella di cui al procedimento principale, non può nel contempo ammettere la possibilità di rifiutare il pagamento dei suddetti interessi di mora e di limitarsi a una compensazione delle perdite effettive sulla base dei criteri di ragionevolezza e di equità, come invece sostiene il governo lituano.
Una simile normativa nazionale implicherebbe, in definitiva, per il soggetto passivo, l’impossibilità di conoscere le condizioni alle quali attendersi il pagamento di interessi di mora forfettari e, pertanto, l’impossibilità di pianificare la propria attività in funzione del pagamento.
 
Le conclusioni
L’articolo 183 della direttiva Iva, letto alla luce del principio di neutralità fiscale, deve essere interpretato nel senso che esso osta a una riduzione dell’importo degli interessi normalmente dovuti, in applicazione del diritto nazionale, su un’eccedenza di Iva non rimborsata nei termini, quando tale riduzione sia invocata per circostanze non imputabili al soggetto passivo, quali l’elevato ammontare rispetto all’imposta da rifondere, la durata e le cause del ritardo nel rimborso, nonché le perdite effettivamente subite dal soggetto passivo.
 
 
Data della sentenza
28 febbraio 2018  
Numero della causa
C-387/2016
Nome delle parti
  • Valstybinė mokesčių inspekcija prie Lietuvos Respublikos finansų ministerijos
contro
  •  Nidera BV
con l’intervento di:
  • Vilniaus apskrities valstybinė mokesčių inspekcija.

Fonte
Autore
Martino Verrengia
pubblicato Mercoledì 28 Febbraio 2018