Cass 6221\2018 -Quando la motivazione della sentenza-Tributaria-e’ o no apparente

Cass 6221\2018 -Quando la motivazione della sentenza-Tributaria-e’ o no apparente

Cass 6221\2018 -Quando la motivazione della sentenza-Tributaria- e’ o no apparente.

Potere dovere del Giudice Tributario quando riduce la pretesa fiscale impugnata

- che con il primo motivo di ricorso l'Agenzia ricorrente deduce, ai sensi dell'art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c., la nullità della sentenza impugnata perché corredata da motivazione apparente, in violazione degli artt. 132, secondo comma, n. 4, cod. proc. civ. e 36 d.lgs. n. 546 del 1992;

— che il motivo è infondato;

— che, invero, la giurisprudenza di questo giudice di legittimità ha

affermato che «ricorre il vizio di omessa motivazione della sentenza, nella duplice manifestazione di difetto assoluto o di motivazione apparente,quando il Giudice di merito ometta di indicare, nella sentenza, gli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento ovvero indichi tali elementi senza una approfondita disamina logica e giuridica, rendendo in tal modoimpossibile ogni controllo sull'esattezza e sulla logicità del suo ragionamento» (Cass. n. 1756 del 2006, n. 16736 del 2007, n. 9105 del 2017); ipotesi, queste, che non ricorrono nel caso in esame, in quanto la CTR, sia pure in maniera sintetica, ha esposto in motivazione le ragioni della decisione, nella specie che l'amministrazione finanziaria aveva emesso una cartella di pagamento nei confronti della contribuente senza adeguarsi al decisum adottato, con efficacia di giudicato, dal giudice tributario in altro connesso giudizio; trattasi di motivazione che non può considerarsi meramente apparente, in quanto esplicita le ragioni della decisione, rinvenibile nell'affermazione che l'amministrazione finanziaria non aveva effettuato il calcolo del quantum dovuto dai soci secondo le indicazioni fornite dalla CTP, non incidendo sul predetto contenuto motivazionale né la circostanza che la CTR abbia omesso di considerare le riduzioni effettivamente apportate dall'amministrazione finanziaria all'originaria pretesa fiscale, né la statuizione (invero, erronea, per come si dirà di qui a breve) che la CTR ne ha tratto; peraltro, la pur rilevata sinteticità dello sviluppo argomentativo della decisione impugnata non vizia la motivazione in modo così radicale da renderla meramente apparente, escludendone l'idoneità ad assolvere alla funzione cui all'art. 36 d.lgs. 546/1992 (arg. da Cass. n. 5315 del 2015);

— che è invece fondato e va accolto il secondo motivo di ricorso con cui la ricorrente, deducendo la violazione e falsa applicazione degli artt. 2 e 35, comma 3, d.lgs. n. 546 del 1992 e 2909 cod. civ., censura la sentenza impugnata per avere i giudici di appello annullato la cartella impugnata anziché provvedere a rideterminare l'importo effettivamente dovuto dalla contribuente, correggendo l'errore in cui riteneva essere incorsa l'amministrazione finanziaria;

— che, invero, è noto che il processo tributario, annoverabile tra quelli di "impugnazione-merito", è diretto ad una decisione sostitutiva dell'accertamento dell'Ufficio (cfr. Cass. n. 13294 del 2016, n. 24611 del 2014 e n. 26157 del 2013), cosicché ove il giudice di merito ritenga l'atto impositivo solo in parte fondato, non può procedere al suo totale annullamento, ma deve ricondurre la pretesa tributaria, mediante una motivata valutazione sostitutiva, alla corretta misura;

Avv.Giuseppe Mappa -Foro di Taranto