Reati tributari e determinazione della soglia di punibilità. Avv. Francesco Cotrufo

Reati tributari e determinazione della soglia di punibilità. Avv. Francesco Cotrufo

La suprema Corte di cassazione, con la sentenza n. 21639/2018, si è occupata della determinazione della soglia di punibilità nell’evasione fiscale. In particola, osserva il Collegio che, quanto al caso di specie, il Tribunale di Benevento ha ritenuto di potere determinare il profitto conseguito dalla XXXXXXXXXXXXXXnella misura di euro 3.651.113,00 in via induttiva, prendendo come riferimento a tal fine, il volume di affari dichiarato dalla stessa Società nella dichiarazione redatta ai fini Iva relativamente all'anno di imposta in questione, come recuperata dalla Guardia di Finanza attraverso la consultazione della anagrafe tributaria, in dichiarata assenza di altri elementi probatori a sostegno.  

Nel procedere nei termini dianzi esposti, secondo i Supremi Giudici, il Tribunale ha ritenuto, tuttavia, di dovere disattendere, senza alcuna preventiva valutazione sia in ordine alla loro inerenza rispetto alla attività di produzione del reddito sia in ordine alla loro congruità, il rilievo formulato dalla difesa dei ricorrenti in relazione alla necessaria decurtazione dal reddito imponibile dei costi riportati nella medesima dichiarazione redatta ai fini Iva.  

Siffatto modus procedendi appare del tutto immotivato e, peraltro, in contrasto coi principi elaborati in materia di verifica della congruità degli accertamenti tributari operati dalla Polizia tributaria.

 Come infatti è stato rilevato dalla Corte in sede civile, in tema di accertamento delle imposte sui redditi, l'Amministrazione finanziaria, ove sia omessa la dichiarazione da parte del contribuente, può anche ricorrere a presunzioni anche prive dei requisiti di gravità, precisione e concordanza, ma deve comunque tenere conto anche delle componenti negative di reddito emerse dagli accertamenti, sicché qualora non sia possibile accertare i costi, questi possono essere anche determinati induttivamente (Corte di cassazione, Sezione V civile, 10 febbraio 2017, n. 3567), posto che, diversamente, cioè laddove non si tenesse assolutamente conto dei costi di produzione del reddito, si considererebbe reddito d'impresa, costituente la base imponibile per il calcolo dell'imposta, il profitto lordo anziché quello netto (Corte di cassazione, Sezione V civile, 19 febbraio 2009, n. 3995).

 Ciò posto, seppure va ricordato che in tema di reati tributari, per accertare l'ammontare dell'imposta evasa ai fini della verifica del superamento delle soglie di punibilità, le regole stabilite dalla legislazione fiscale per quantificare l'imponibile subiscono limitazioni che derivano dalla diversa finalità dell'accertamento tributario, con la conseguenza che i costi non contabilizzati debbono essere considerati solo in presenza di allegazioni fattuali da cui si desuma la certezza o comunque il ragionevole dubbio della loro esistenza (Corte di cassazione, Sezione III penale, 20 dicembre 2016, n. 53907; idem Sezione III penale, 15 settembre 2015, n. 37094), deve tuttavia anche considerarsi che, come la Corte ha rilevato, qualora vengano accertati ulteriori ricavi rispetto a quelli dichiarati dal contribuente, nella determinazione del reddito imponibile non può non tenersi conto di tutti gli elementi - ricavi, proventi, costi ed oneri - che concorrono a formarlo (Corte di cassazione, Sezione III penale, 14 dicembre 1998, n. 13068), dovendosi ritenere in contrasto coi criteri applicabili ai fini della determinazione del reddito imponibile, e di conseguenza anche dell'imposta, escludere in linea di principio la esistenza dei costi necessari per la sua produzione.

 Nel caso in questione il Tribunale di Benevento, che pure dà atto della natura induttiva dell'accertamento tributario operato nel caso in esame, ha programmaticamente ed immotivatamente negato la esistenza dei costi inerenti alla produzione del reddito, escludendo la pur astratta rilevanza probatoria delle stesse fonti conoscitive da cui erano stati attinti gli elementi presuntivi in base ai quali operare l'accertamento degli elementi attivi di reddito.

 Per tali considerazioni, il ricorso, stante la mancanza di motivazione sul punto, è stato accolto con contestuale annullamento dell’ ordinanza impugnata e con rinvio al Tribunale di Benevento che, in diversa composizione personale, verificherà nuovamente, alla luce del principio esposto, la ricorrenza del fumus delicti , ai fini della legittimità della misura cautelare oggetto di riesame.

 Avv. Francesco Cotrufo, avvocato e commercialista del foro di Bari