Dichiarazioni di fallimento e bilanci non depositati. Nuova pronuncia della Cassazione. Avv. Francesco Cotrufo

Dichiarazioni di fallimento e bilanci non depositati. Nuova pronuncia della Cassazione. Avv. Francesco Cotrufo

Dichiarazioni di fallimento e bilanci non depositati. Nuova pronuncia della Cassazione. Avv. Francesco Cotrufo

La Suprema Corte di cassazione, con la sentenza n. 16067/2018, ha confermato che, i bilanci non depositati (ma approvati) delle società di capitali, dimostrano, a determinate condizioni, l’assenza dei requisiti di fallibilità dell’azienda.In particolare, i Supremi Giudici rilevano che, la giurisprudenza di legittimità ha reiteratamente avvertito che, ai fini della prova, da parte dell'imprenditore, della sussistenza dei requisiti di non fallibilità di cui all'art. 1, comma 2, 1.fall., i bilanci degli ultimi tre esercizi costituiscono la base documentale imprescindibile, ma non anche una prova legale, sicché, ove ritenuti motivatamente inattendibili dal giudice, l'imprenditore rimane onerato della prova circa la ricorrenza dei requisiti della non fallibilità (cfr., tra le più recenti, Cass. n. 13746 del 2017; Cass. n. 24548 del 2016).

 Nella specie, pertanto, se, indubbiamente, i dati contenuti nei bilanci predetti non potevano costituire una prova legale, neppure se ne sarebbe potuta negare, in astratto, la loro attendibilità, così come ha fatto il giudice a quo, esclusivamente sulla base della ritenuta loro non approvazione (e della non risultanza della data del loro deposito nel registro delle imprese), senza uno specifico accertamento ed una conseguente concreta motivazione del perché egli fosse giunto a quella conclusione.

 E' certamente vero che la produzione di copie informali di bilanci che non risultano approvati deve equipararsi alla mancata produzione dei bilanci stessi, sicché tale evenienza, integrando una violazione dell'art. 15, comma 4, I.fall., si risolve in danno dell'imprenditore che intenda dimostrare l'inammissibilità della dichiarazione di fallimento (cfr. Cass. n. 13643 del 2013).

 Tuttavia, non può qui sottacersi che la società xxxx s.r.l. aveva affermato, senza che sullo specifico punto ci fosse stata contestazione da parte della curatela nel corso del giudizio di reclamo, che detta approvazione, invece, c'era stata ed era facilmente ricavabile dai verbali delle relative assemblee già depositati nella cancelleria fallimentare (fin dal 29 luglio 2014), unitamente ai libri giornali relativi allo stesso triennio, ai corrispettivi riguardanti gli anni 2011-2013, ed ai registri IVA acquisti dei medesimi anni: di tale documentazione, peraltro, l'odierna ricorrente aveva sollecitato l'acquisizione ex art. 210 cod. proc. civ., unitamente agli scontrini fiscali di chiusura giornaliera del medesimo triennio (2011-2013), proprio perché, evidentemente, avendola ormai depositata nella cancelleria fallimentare, non ne aveva più la concreta disponibilità.

 E’ palese, quindi, che quella stessa documentazione, ove effettivamente acquisita - ed il corrispondente diniego della corte distrettuale sul punto («I libri degli inventari prodotti in questa fase unitamente agli scontrini fiscali di chiusura giornaliera, emessi dal 2011 al 2013, non sono idonei a costituire base per una indagine officiosa che,..., sarebbe meramente esplorativa ed in contrasto con l'illustrato principio dell'onere della prova. Né può ritenersi che la documentazione prodotta nella cancelleria del Tribunale fallimentare possa tener luogo dei bilanci mancanti». Cfr. pag. 7 della sentenza impugnata) appare sostanzialmente apodittico - ben avrebbe potuto consentire l'accertamento, in concreto, della circostanza dell'essere stati, o meno, approvati quei bilanci (benché successivamente non depositati) e la valutazione, ad esempio, dei tempi di tale eventuale approvazione, nonché della loro vicinanza o lontananza rispetto alle tempistiche della procedura prefallimentare, così da poter addivenire ad una valutazione adeguata dell'attendibilità dei dati da essi desumibili da confrontarsi anche con i menzionati scontrini fiscali.

 Per i motivi sopra indicati, la Suprema Corte ha accolto il ricorso e cassato con rinvio la sentenza impugnata alla Corte di appello di Lecce.

Avv. Francesco Cotrufo, avvocato e commercialista del foro di Bari