Segnalazione anonima ed accesso domiciliare della GdF. Utilizzabilità dei documenti in assenza dei gravi indizi di violazione tributaria. Avv. Francesco Cotrufo

Segnalazione anonima ed accesso domiciliare della GdF. Utilizzabilità dei documenti in assenza dei  gravi indizi di violazione tributaria. Avv. Francesco Cotrufo

La Guardia di Finanza, previa autorizzazione del Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Trento, eseguiva una verifica fiscale nei confronti della ditta individuale "xxxxxxxx", esercente l'attività di ristorante-bar e pizzeria, rinvenendo nel locale destinato ad abitazione privata documentazione relativa all'esercizio commerciale; sulla scorta di tale documentazione, l'Agenzia delle Entrate emetteva avvisi di accertamento e di rettifica ai fini del recupero a tassazione di maggiori introiti ai fini Iva, Irpef ed Ilor per gli anni d'imposta 1996 e 1997.

 La contribuente proponeva distinti ricorsi, eccependo la illegittimità degli atti impositivi per carenza del presupposto dei gravi indizi di violazione di norme tributarie richiesto dalla legge per l'accesso domiciliare, il difetto di motivazione del decreto del Procuratore della Repubblica di Trento che l'aveva autorizzato, la mancanza dei presupposti previsti per l'accertamento induttivo dei redditi e la infondatezza della pretesa fiscale.

 La Suprema Corte, accogliendo il ricorso, ha precisato che, in tema di accertamento delle imposte, l'autorizzazione del Procuratore della Repubblica all'accesso domiciliare, prescritta in materia di Iva dall'art. 52 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 (e necessaria anche in tema di imposte dirette, in virtù del richiamo contenuto nell'art. 33 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600), in quanto sottesa all'acquisizione degli elementi di riscontro della supposta evasione fiscale, al fine di evitarne l'occultamento o la distruzione, è contraddistinta da un largo margine di discrezionalità, da cui discende il carattere necessariamente sintetico della relativa motivazione: l'obbligo motivazionale deve pertanto ritenersi assolto nel caso in cui risultino indicate la nota e l'autorità richiedente, con la specificazione che il provvedimento trova causa e giustificazione nell'esistenza di gravi indizi di violazione della legge fiscale, la cui valutazione deve essere effettuata "ex ante" con prudente apprezzamento" (Cass. 9565 del 23/4/2007).

 Va, altresì, ricordato che il primo comma dell'art. 52 del d.P.R. n. 633 del 1972, il quale attiene all'accesso nei locali adibiti all'esercizio di attività commerciale, agricola, artistica o professionale, ovvero ad uso promiscuo, si limita a richiedere, rispettivamente l'autorizzazione del capo dell'ufficio e quella del Procuratore della Repubblica, senza fissare specifici presupposti, trattandosi di "mero adempimento procedimentale, la cui ratio è individuabile nell'opportunità che la perquisizione trovi l'avallo di un'autorità gerarchicamente o funzionalmente sovraordinata", mentre con il comma 2, attinente all'accesso in locali diversi da quelli indicati nel precedente comma, cioè in locali ad uso esclusivamente abitativo, si richiede, invece, anche in considerazione del fatto che l'autorizzazione trova base logica nell'art. 14 Cost., sull'inviolabilità del domicilio, non solo l'autorizzazione del Procuratore della Repubblica, ma anche la sussistenza di "gravi indizi di violazione tributaria", previsione questa che conferisce "all'autorizzazione medesima la portata, non di semplice nulla-osta da parte di un organo superiore, bensì di provvedimento valutativo della ricorrenza nella concreta vicenda di specifici presupposti giustificativi dell'ingresso nell'abitazione" (Cass. n. 26829 del 18/12/2014).

 Le Sezioni Unite, con la sentenza n. 16424 del 21/11/2002, hanno avuto modo di precisare che "...il giudice tributario, in sede d'impugnazione dell'atto impositivo basato su libri, registri, documenti ed altre prove reperite mediante accesso domiciliare autorizzato dal Procuratore della Repubblica, ha il potere-dovere, oltre che di verificare la presenza nel decreto autorizzativo di motivazione (sia pure concisa, o per relationem mediante recepimento dei rilievi dell'organo richiedente), circa il concorso di gravi indizi del verificarsi d'illecito fiscale, anche di controllare la correttezza in diritto del relativo apprezzamento, nel senso che faccia riferimento ad elementi cui l'ordinamento attribuisca valenza indiziarla..." e che una diversa lettura della norma in esame aprirebbe dubbi di costituzionalità, atteso che "...l'evidenziata natura dell'autorizzazione dell'accesso domiciliare, quale rilevante compressione del diritto all'inviolabilità del domicilio subordinata alla ricorrenza di ipotesi predeterminate, comportebbe, infatti, seguendo la tesi della insidacabilità dell'apprezzamento del Procuratore della Repubblica sul verificarsi in concreto di dette ipotesi, possibile violazione dell'art. 113 della Costituzione...".

 Affrontando la questione se sia o meno legittimo il provvedimento che ravvisi indizi in notizie anonime, provenienti da persone non identificate, le Sezioni Unite hanno dato risposta negativa, spiegando che "...nella disciplina civilistica delle prove, operante anche nei rapporti e nel processo tributario in difetto di esplicite o implicite deroghe, la nozione d'indizio è ricavabile dagli artt. 2727 e ss. cod. civ....", e che "l'indizio non è prova, nemmeno presuntiva, in quanto si esaurisce nella cognizione di un accadimento diverso da quello da dimostrare, in sé non sufficiente per desumere il verificarsi di tale fatto da dimostrare secondo parametri di rilevante probabilità logica (id quod plerumque accidit)".

 Hanno quindi sottolineato che "la notizia (verbale o scritta) di fonte non individuata e non individuabile non può assurgere a dignità d'indizio" e che "l'accesso all'abitazione non può essere il primo atto ispettivo dopo una denuncia anonima, occorrendo un minimo d'indagine e di riscontro, per acquisire la cognizione di fatti, sia pure dotati di semplice valore indiziario", puntualizzando pure che "la soluzione non può mutare se la dichiarazione anonima o confidenziale di fonte non identificata risulti a posteriori attendibile, in ragione del rinvenimento presso il domicilio del contribuente delle prove della violazione in base ad essa ipotizzate, dato che la legge consente la perquisizione solo se l'inchiesta dell'ufficio tributario (o della guardia di finanza) sia già pervenuta a risultati definibili come gravi indizi (cioè abbia raggiunto un quid pluris rispetto alla mera ipotesi dell'infrazione tributaria), e quindi esprime un inequivoco rifiuto per l'ingresso autoritativo nell'abitazione del contribuente a titolo meramente esplorativo, vale a dire allo scopo di accertare fatti al momento totalmente sconosciuti o prospettabili sulla scorta di pura supposizione..".

 Infine, le Sezioni Unite, con la sentenza richiamata, con riguardo agli effetti dell'illegittimità del provvedimento di autorizzazione dell'accesso domiciliare, se adottato senza motivazione, ovvero con motivazione giuridicamente erronea (come quella che qualifichi indizio la denuncia anonima), hanno concluso nel senso dell'inutilizzabilità a sostegno dell'accertamento tributario delle prove reperite mediante la perquisizione, derivando detta inutilizzabilità non da una espressa disposizione sanzionatoria, ma dalla regola generale secondo cui l'assenza del presupposto di un procedimento amministrativo infirma tutti gli atti nei quali si articola.

 Nel caso di specie, la Commissione regionale con la sentenza impugnata non si è uniformata ai principi di diritto enunciati dalle Sezioni Unite con la sentenza n. 16424 del 2002.

 Avv. Francesco Cotrufo, avvocato e commercialista del foro di Bari