Documentazione non prodotta. Inutilizzabile nel contenzioso

Documentazione non prodotta. Inutilizzabile nel contenzioso

Documentazione non prodotta. Inutilizzabile nel contenzioso

Documentazione non prodotta.
Inutilizzabile nel contenzioso

La contabilità non esibita in sede di verifica non può essere presa in considerazione nella successiva fase amministrativa o processuale, anche in assenza di dolo
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Il rifiuto di esibizione dei documenti, affinché possa cagionare l’inutilizzabilità nelle successive fasi amministrativa e contenziosa, non deve essere necessariamente doloso, essendo sufficiente la colpa rappresentata, ad esempio, da dimenticanza o carenze organizzative.
È il chiarimento della sentenza n. 27193/2013 della Cassazione.
La Corte è stata chiamata a dirimere un controverso caso di mancata esibizione di documentazione contabile, avvenuta nel corso di una verifica fiscale, durante la quale il rifiuto non proveniva dal legale rappresentante della società, ma da un dipendente che aveva affermato di non sapere dove fossero custoditi i documenti.
 
La vicenda processuale di merito
La Ctr del Veneto (sentenza n. 50/06/2005) accoglieva l’appello proposto da due contribuenti, nella loro qualità di eredi di un socio di un’azienda cessata il 31/12/1999, contro la pronuncia della Ctp di Vicenza.
Con tale ultima decisione era stato respinto il ricorso della stessa società contro un avviso di accertamento con il quale, a fronte della mancata regolare tenuta e del rifiuto di esibizione delle scritture contabili, era stato rideterminato (previa acquisizione di documentazione bancaria) il reddito d’impresa, con conseguente maggiore Ilor dovuta dalla società per l’anno d’imposta 1997.
 
La Ctr Veneto, poi, con sentenza n. 55/06/2005, aveva accolto l’appello proposto da una delle due socie, erede nella società suindicata, contro una distinta pronunzia della Ctp di Vicenza, che aveva rigettato il ricorso contro l’avviso di accertamento, con cui era stato rideterminato il reddito.
Il giudice d’appello, in quest’ultima sede, accoglieva il gravame della socia con l’applicazione delle medesime motivazioni esposte nella predetta sentenza n. 50/06/2005 e fatte oggetto di autonomo ricorso al giudice di legittimità.
 
L’Agenzia delle Entrate proponeva, contro le sentenze 50/06/2005 e 55/06/2005, ricorso per cassazione eccependo, sotto un’unica rubrica, due motivi per violazione e/o falsa applicazione - ai sensi dell’articolo 360, n. 3, cpc - degli articoli: 33, comma 1, Dpr 600/1973; 52, comma 5, Dpr 633/1972; 2697 cc, in quanto i giudici tributari avevano fondato la decisione sulle scritture contabili - non esibite in sede di verifica fiscale e prodotte, per la prima volta, solo in sede contenziosa - in difetto di prova, da parte dei contribuenti, della non volontarietà della sottrazione originaria della documentazione nonché per omessa o insufficiente motivazione circa un fatto controverso decisivo, ai sensi dell’articolo 360, n. 5), cpc.
 
Resistevano, con controricorso, i soci eredi deducendo, in via preliminare, l’inammissibilità del ricorso per tardività, mancata puntuale indicazione della parte ricorrente e difetto di specificità, exarticolo 366-bis cpc, del vizio motivazionale.
 
La decisione
La Corte di cassazione, con la sentenza in argomento, ha affrontato, sotto differenti prospettive, le variegate questioni giuridiche, pregiudiziali e di merito, sollevate dalle parti ricorrenti nel giudizio.
 
In via preliminare, la Corte procedeva alla riunione dei ricorsi, ex articolo 274 cpc, in applicazione della sentenza delle sezioni unite n. 14815/2008 con cui era stato definito il principio in base al quale l’unitarietà dell’accertamento società-soci comporta che il ricorso proposto, anche contro un solo avviso di rettifica, da uno solo dei soci riguarda inscindibilmente sia la società sia tutti i partecipanti (anche se, come nel caso di specie, i ricorsi dei contribuenti avevano formalmente a oggetto l’impugnazione di sentenze differenti pronunciate tra parti diverse), salvo il caso in cui si prospettino questioni personali.
 
Sempre in via preliminare, venivano considerate infondate le eccezioni di inammissibilità dei ricorsi, sollevate dai soci ex articolo 327 cpc, in quanto l’indicazione del timbro e del numero di repertorio della richiesta di notifica consentivano di identificare l’atto e di attestarne la riconducibilità all’ufficio a cui era riferito (cfr Cassazione sezioni unite 14294/2007, Cassazione 22003/2008, 7351/2011 e 1185/2012).
 
Riguardo all’eccepita mancata indicazione della parte ricorrente, l’individuazione dell’Agenzia delle Entrate “in persona del Direttore Generale pro tempore” è del tutto sufficiente; così come è infondato il richiamo al disposto dell’articolo 366-bis cpc trattandosi di norma inapplicabile ratione temporis, essendo le sentenze emesse nel dicembre 2005.
 
L’Agenzia impugnava le predette pronunce di secondo grado lamentando la violazione dell’articolo 52, comma 5, del Dpr 633/1972 (secondo il quale: “I libri, registri, scritture e documenti di cui è rifiutata l’esibizione non possono essere presi in considerazione a favore del contribuente ai fini dell’accertamento in sede amministrativa e contenziosa. Per rifiuto di esibizione si intendono anche la dichiarazione di non possedere i libri, registri, documenti e scritture e la sottrazione di essi all’ispezione”), deducendo altresì un vizio motivazionale.
 
La Corte riconosceva la fondatezza delle suindicate eccezioni.
 
Risultava che, nel corso di due accessi effettuati da funzionari dell’ufficio nel settembre 1997 presso la sede della società (poi cessata), i dipendenti, in assenza del legale rappresentante, rifiutavano l’esibizione dei documenti sia pure con la giustificazione di “…non sapere dove i documenti fossero custoditi”.
A fronte di invito, formulato negli anni successivi, di esibire la documentazione giustificativa delle movimentazioni bancarie acquisite dall’ufficio, il contribuente eccepiva di aver dato seguito alle richieste dell’Amministrazione.
 
Conseguentemente, ricorreva il divieto di utilizzo, in sede contenziosa, di documenti non originariamente esibiti in sede amministrativa: il quinto comma dell’articolo 52 del Dpr 633/1972 presuppone che detta mancanza non operi solo nell’ipotesi di rifiuto (integrante l’elemento psicologico del dolo) di esibizione, ma anche nelle fattispecie in cui il contribuente dichiari, contrariamente alla realtà, di non essere in possesso di documentazione o li sottragga all’ispezione non al fine di impedire la verifica ma per errore non scusabile, di fatto o di diritto (causato da negligenza, disattenzione, dimenticanza o carenze logistico-amministrative).
 
Inoltre, l’articolo 33 del Dpr 600/1973, che richiama l’articolo 55 citato, non si pone in contrasto con l’articolo 19-bis del Dpr 636/1972, il quale, in via generale, consente al contribuente l’esibizione, in sede contenziosa, di documenti non inizialmente prodotti, ma detta disposizione incontra il limite rappresentato dal fatto che il potere del contribuente di presentare documenti, in una fase successiva, non sia incorso in decadenza così come il ricorrente può anche eccepire la non volontarietà della sottrazione originaria della documentazione, poi tardivamente prodotta, ma deve provare il contenuto del proprio assunto.
Giuseppe Forlenza
pubblicato Giovedì 19 Dicembre 2013