Moda in crisi? Non è sempre “colpa del negozio” Ordini decisi mesi prima, capi prodotti “al buio”, materie prime acquistate senza certezze, merce che arriva fuori tempo e si vende solo a sconto. Il negozio soffoca, il brand resta senza incassi, il fornitore di tessuti attende, il terzista blocca i telai. Non è un caso isolato: è un modello che non regge più la velocità del mercato. Se ti senti colpevole, fermati un attimo: non sei tu ad aver sbagliato tutto. È un modello che non funziona più, e che scarica il peso sui più deboli della catena. La buona notizia? Si può rimettere in asse, ma serve cambiare approccio e far dialogare tutta la catena. Quando la filiera si inceppa, pagano tutti Il vecchio schema “ordino oggi ciò che venderò tra 6–12 mesi” funziona solo se la domanda è prevedibile. Oggi non lo è. Il risultato è un effetto domino: o per rivenditori: stock sbagliati, margini compressi dagli sconti, cassa in apnea. o per brand/produttori: incassi in ritardo, resi, produzione che non ruota, magazzini pieni. o per fornitori di tessuti e accessori: ordini tagliati, pagamenti dilazionati, tensione finanziaria. Quando un anello della catena cede, tutta la filiera si ritrova a rincorrere, con costi crescenti e decisioni prese nell’emergenza. Un effetto domino che mette in difficoltà l’intero settore. E quando nessuno interviene, il rischio è che i debiti si accumulino fino a diventare insostenibili. La spirale dei debiti: cosa accade se non agisci Chi si trova in questa situazione conosce bene la sequenza: a. Fornitori che chiedono rientri immediati. b. Banche e carte di credito che riducono l’affidamento. c. Agenzia delle Entrate che non lascia margini di respiro. Si entra così in una spirale dove non è più il titolare a decidere, ma sono i creditori a guidare le scelte. E quando le decisioni diventano “subite”, la crisi si fa più profonda. Una storia verosimile Mario, piccolo imprenditore nel settore moda, aveva sempre lavorato bene. Poi due stagioni difficili hanno ribaltato la situazione: stock alto, fornitori in pressing, banca pronta a revocare gli affidamenti. Convinto fosse solo un problema suo, ha provato a resistere da solo, fino a quando il peso è diventato ingestibile. Solo quando ha affrontato la questione con metodo — riorganizzando i debiti, negoziando nuove condizioni e rivedendo il ciclo degli acquisti — ha potuto tornare a respirare. Non è stato facile, ma è stato possibile. Strumenti esistono (ma servono esperienza e metodo) La legge mette a disposizione percorsi per gestire la crisi prima che diventi fallimento, per rinegoziare i debiti con banche, fornitori e Fisco, e per ridare respiro all’impresa senza distruggerla. Ma non bastano le buone intenzioni: occorre capire quale strumento usare, quando e come. È qui che la differenza tra “lasciarsi travolgere” e “uscirne” diventa netta. Conclusione Se ti riconosci in questa situazione — negozio, brand/produttore, fornitore di tessuti o accessori — non aspettare la prossima stagione “miracolosa”. La stagione migliore è quella in cui chiedi l’aiuto giusto per interrompere la spirale negativa. La legge offre soluzioni, ma vanno conosciute e applicate con serietà. La vera scelta da fare è non restare fermi: affrontare la crisi con metodo può trasformare una situazione disperata in un nuovo punto di partenza. Studio Cotrufo & Partners – Avvocati e Commercialisti aiuta operatori della moda a passare dal “si vedrà” a patti di filiera chiari e sostenibili: · check-up rapido di ordini, consegne, incassi e scadenze, · rinegoziazioni strutturate con le controparti, · accordi scritti semplici e applicabili, · supporto nella ricomposizione dei debiti con fornitori, banche e Fisco quando serve.
