La sospensione condizionale della pena nei reati tributari. Quando puņ essere revocata. Avv. Francesco Cotrufo

La sospensione condizionale della pena nei reati tributari. Quando puņ essere revocata. Avv. Francesco Cotrufo

La Suprema Corte di cassazione, con la sentenza n. 30708/2018, si è occupata della revoca della sospensione condizionale della pena nei reati tributari.

In particolare, con l'ordinanza emessa il 15 marzo 2017, il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Livorno, in funzione di giudice dell'esecuzione, accogliendo la richiesta del P.m., ha revocato la sospensione condizionale della pena concessa a xxxxxxxxx con la sentenza resa il 18 dicembre 2012 dallo stesso G.i.p., subordinatamente all'adempimento da parte dell'imputato dell'obbligo di risarcimento del danno in favore dell'Agenzia delle Entrate.

 Il giudice dell'esecuzione ha rilevato che l'adempimento dell'obbligazione risarcitoria sopra indicata non era avvenuto senza alcuna giustificazione da parte dell'obbligato, sicché era ineludibile pervenire alla suindicata revoca.

 Avverso l'ordinanza ricorreva il difensore del xxxxxx chiedendone l'annullamento e adducendo a sostegno dell'impugnazione un unico, articolato motivo con cui lamentava mancanza ed illogicità della motivazione, nonché erronea applicazione della legge penale, in relazione al disposto dell'art. 165 cod. pen.

 In primo luogo, il giudice dell'esecuzione avrebbe dovuto prendere atto che, in sede di cognizione, non avrebbe potuto essere imposto al condannato, in carenza di costituzione di parte civile da parte del danneggiato, il risarcimento del danno in favore di quest'ultimo, nel caso di specie dell'Agenzia delle Entrate.

 In secondo luogo, trattandosi di obbligazione avente ad oggetto il risarcimento del danno, il giudice della cognizione non avrebbe dovuto fissare un termine per il relativo adempimento, occorrendo necessariamente attendere il passaggio in giudicato: ciò che nella specie si era verificato il 14 febbraio 2014, ossia in data successiva al termine del 31 dicembre 2013 stabilito in sentenza.

 Inoltre, il giudice dell'esecuzione non aveva fatto buon governo del principio secondo cui l'inosservanza dell'obbligo a cui era subordinata la sospensione condizionale non comportava la revoca automatica del beneficio, dovendosi invece verificare l'esigibilità della prestazione.

 E nel caso di specie una prima ragione di inesigibilità della prestazione era data dalla sua indeterminatezza oggettiva, non risultando determinato l'importo del risarcimento da versare all'Erario. Inoltre il ricorrente aveva comprovato le difficoltà economiche che gli avevano impedito di adempiere l'obbligo risarcitorio: al riguardo, contrariamente a quanto sostenuto dall'ordinanza, l'attestato ISEE dava atto che il xxxxxxxxx non era proprietario di alcun immobile, sicché la revoca del beneficio costituiva soluzioni di logica, in quanto non è stata preceduta da alcun accertamento in ordine alle capacità reddituali ed economiche del condannato primi punti trattati dall'impugnazione erano inammissibili, riferendosi ad argomenti non sottoposti al giudice dell'esecuzione che, di conseguenza, non li aveva affrontati nell'ordinanza impugnata; era comunque da rilevare che le prime tre censure afferivano alla sentenza di applicazione della pena concordata che avevano inflitto la pena condizionalmente sospesa, passata in giudicato 1'11 febbraio 2014; quanto infine alla dedotta inesigibilità dell'obbligazione risarcitoria per le condizioni economiche del xxxxxxxx, la motivazione che sorreggeva l'ordinanza impugnata non era illogica, nel contraddittoria, risultando il condannato, dallo stesso attestato ISEE prodotto, tutt'altro che incapiente per cui egli avrebbe sicuramente dare corso al risarcimento, quanto meno con pagamenti rateali.

 Secondo la Suprema Corte, l'impugnazione si profila infondata.

 Giova puntualizzare che il giudice dell'esecuzione - assodato che l'adempimento dell'obbligazione risarcitoria posta a carico del condannato avrebbe dovuto perfezionarsi, come da sentenza, entro il 31 dicembre 2013 e che

l'adempimento non era stato effettuato, secondo quanto era risultato dalla corrispondente nota della Guardia di Finanza in data 22 agosto 2016 - ha ritenuto conseguente dover procedere, ai sensi dell'art. 168, in relazione all'art. 165, cod. pen., alla revoca della sospensione condizionale.

 Va inoltre osservato che il G.i.p. ha affrontato l'argomento svolto dalla difesa del condannato, secondo cui questi era impossibilitato ad adempiere per carenza di mezzi, ma ha, con motivazione congrua ed esente da vizi logici, osservato che il certificato ISEE riferito al 2016 e la visura camerale della società xxxxxx, di cui il condannato aveva dismesso le quote, costituivano documentazione inadeguata a dimostrare l'assunto, afferendo, in particolare il primo documento (che peraltro esponeva un valore ISE, Indicatore Situazione Economica, pari a euro 20.321,76), all'anno 2016, senza alcuna possibilità di sondare le condizioni dell'obbligato dalla fine del 2013 in poi e gravando, del resto, sul condannato il corrispondente onere, nulla essendo stato dimostrato circa i redditi maturati dal xxxxxxxxxx e la titolarità da parte di quest'ultimo di beni o altri mezzi utili per trarre le risorse necessarie ad adempiere nei periodi intercorsi dalla scadenza del termine per eseguire la prestazione dell'obbligo posto a suo carico.

 Resta assodato che, quando si tratti di pervenire alla sospensione condizionale della pena subordinata all'adempimento dell'obbligo di risarcimento del danno, il giudice della cognizione non deve necessariamente svolgere un approfondito accertamento sulle condizioni economiche dell'imputato, ad eccezione dell'ipotesi in cui emergano situazioni che ne facciano dubitare della capacità economica di adempiere ovvero quando tali elementi siano forniti dalla parte interessata, rientrando peraltro nella competenza del giudice dell'esecuzione la verifica dell'eventuale impossibilità di adempiere da parte del condannato (per tutte Sez. 4, n. 50028 del 04/10/2017, Pastorelli, Rv. 271179).

 Non fondata è poi la doglianza, riferita alla questione già espressamente dedotta innanzi al giudice dell'esecuzione dell'impossibilità di adempiere l'obbligo risarcitorio, inerente al pagamento del debito tributario.

 Va, sul tema, fatto discendere dal succitato principio il corollario secondo cui, se per un verso l'inosservanza dell'obbligo fissato dalla sentenza di cognizione non comporta la revoca automatica del beneficio, per altro verso è onere del soggetto interessato allegare, in sede di esecuzione, la comprovata assoluta impossibilità dell'adempimento segnalando le circostanze che hanno reso e rendono impossibile o grandemente difficoltoso l'adempimento, così da fornire al giudice dell'esecuzione elementi di valutazione in ordine all'attendibilità e alla rilevanza dell'impedimento dedotto (Sez. 6, n. 33696 del 06/04/2017, Binato, Rv. 270741).

 Nel caso in esame il giudice dell'esecuzione ha esaminato gli elementi addotti dal xxxxxxxxx e, con motivazione congrua e logica, ha rilevato che nessuna allegazione plausibile e nessuna prova concreta dell'impossibilità di adempiere fra la fine del 2013 e l'anno 2016 (epoca in cui è stato compiuto l'accertamento inerente al persistente inadempimento da parte della Guardia di Finanza) erano state fornite, sia con riguardo alla produzione della, intrinsecamente inadeguata, attestazione ISEE del 2016 (peraltro connotata dall'esposizione di una situazione reddituale contrastante con la dedotta impossibilità di adempimento, quanto meno progressivo, del'obbligazione), sia con riguardo all'addotta disnnissione di quote societarie (dato anch'esso inidoneo ad asseverare una situazione di incapienza ascrivibile a situazione determinata da fattori indipendenti dalla volontà dell'obbligato).

 

Avv. Francesco Cotrufo, avvocato e commercialista del foro di Bari