ESTINZIONE DELLA SOCIETA’: la responsabilità di liquidatori e soci va (ancòra) provata. Avv. Iris Maria Ruggeri

ESTINZIONE DELLA SOCIETA’: la responsabilità di liquidatori e soci va (ancòra) provata.

La questione delle responsabilità ricadenti sul liquidatore, sui soci e sugli ex amministratori della società estinta costituisce un tema sovente affrontato dalle Corti di merito. Si segnala, sul tema, una recente pronuncia della CTR PUGLIA,  n. 2630/2019, dep. il 27.09.2019.

La controversia era scaturita dall’impugnazione di un’intimazione di pagamento, notificata dall’AE ai soci nonché al liquidatore, sulla scorta di una sentenza che aveva accertato, con efficacia di giudicato, la legittimità dell’atto impositivo emesso a carico della società.

Tema centrale del giudizio di primo grado era stata l’irretroattività dell’art. 28, D. Lgs. n. 175/2014, che prevede ai solo fini fiscali e tributari la permanenza in vita della società nonostante l’intervenuta estinzione; tema accolto dalla CTP che aveva concluso per l’annullamento degli atti impugnati.

Il gravame dell’AE, avverso il decisum che l’aveva vista soccombente trovava ragione sul fatto che gli atti opposti fossero stati notificati ai soci ed al liquidatore in qualità di diretti responsabili delle obbligazioni sociali ai sensi del combinato disposto degli artt. 2495 c.c. e 36, DPR. n. 602/73.

La CTR ha rigettato la tesi difensiva erariale, dando ragione agli appellati (soci e liquidatore).

Ciò che rileva evidenziare è che l’accertamento emesso a carico della società (la cui legittimità risultava accertata con sentenza passata in giudicato) era divenuto definitivo dopo che la liquidazione era stata chiusa e dopo la cancellazione della società dal registro delle imprese.

In ragione di tale premessa, giustamente, la CTR ha chiarito che l’invocato art. 36, DPR. n. 602/73 “... disciplina un caso di responsabilità ex lege dei liquidatori e degli amministratori (dovendosi escludere qualunque successione o coobbligazione nei debiti tributari per effetto della cancellazione della società dal registro delle imprese – cfr. Cass. 17020/2019) in relazione alla quale, a determinate condizioni, si aggiunge la responsabilità in solido dei soci. ... Nel caso di specie occorre rilevare che dal bilancio di liquidazione non sono residuate somme indebitamente distribuite ai soci  (,,,) né risulta che la pretesa creditoria del fisco sia stata in qualche modo pregiudicata dal comportamento colposo dei liquidatori per aver soddisfatto crediti di ordine inferiore .... Tenuto conto anche del fatto che sino a quando il liquidatore è restato in carica l’accertamento non era ancora definito, non vi sono elementi per affermare la responsabilità dello stesso, mentre per la posizione dei soci che ex art. 2495 c.c. rispondono sino alla concorrenza delle somme riscosse in base al bilancio finale di liquidazione, non risulta dimostrato che abbiano percepito somme né che il bilancio di liquidazione rappresenti dati non veritieri ...”.

Quella fornita dal Giudice Tributario Regionale pugliese sembra la giusta risposta ad inflazionati automatismi da parte degli Uffici erariali.

La sentenza in commento offre lo spunto per dar luogo ad alcune riflessioni sulle due norme “in gioco”, l’art. 2495 c.c. e l’art. 36, DPR. n. 602/73.

Entrambe agiscono sul piano della responsabilità; responsabilità per “un’obbligazione propria ex lege” che trova la origine non già in ambito tributario ma civilistico, fondata sugli artt. 1176 e 1218 cod. civ. - 

E tale responsabilità (di natura civilistica) opera su piani diversi per due soggetti:

  • I soci saranno responsabili nei confronti dei creditori sociali per quanto indebitamente percepito;
  • La responsabilità dei liquidatori andrà, invece, ricercata nell’attività liquidatoria da essi svolta senza la necessaria diligenza, cagionando il mancato soddisfacimento dei debiti erariali della società.

Trattandosi di responsabilità per fatto proprio (nei termini sopra spiegati) essa non è una responsabilità solidale con la società per i debiti erariali; è piuttosto una diretta conseguenza del mancato assolvimento dell’obbligazione tributaria a cura della società. 

Da ciò derivano conseguenze di vasta portata, prima tra tutte il fatto che l’attribuzione di responsabilità, sia che si tratti di soci o di liquidatori o, ancora, di amministratori, implica la sussistenza di una serie di presupposti.

Intanto, l’attribuzione di responsabilità per il mancato pagamento di un debito presuppone l’accertamento preventivo dell’esistenza del debito medesimo, di guisa che solo dove essa sia stata definitivamente accertata, il responsabile potrà essere perseguito.

Quindi è fondamentale che la pretesa impositiva della società sia certa e definitiva o perché l’atto impositivo notificato sia divenuto definitivo per mancata impugnazione o perché oggetto di sentenza passata in giudicato che ne abbia decretato la piena legittimità.

Soci e liquidatori, infatti, potranno essere chiamati a rispondere del debito sociale ex art. 36 DPR. n. 602/73 solo e nei limiti in cui l’A. F. dimostri l’esistenza dell’obbligazione tributaria non assolta dalla società; sicchè dove manchi la certezza dell’esistenza del debito si ritiene che nessuna responsabilità potrà ancora configurarsi.

E la necessità che il debito tributario in capo alla società sia consolidato perché possa configurarsi responsabilità, lo si desume anche dal fatto che l’art. 36, co. 5, DPR. n. 602/73 richiede che essa (responsabilità) sia accertata in modo autonomo (distinto dall’atto accertativo della pretesa) con atto motivato. 

Secondo presupposto, altrettanto necessario perché possa configurarsi la responsabilità sia del socio che del liquidatore, è la realizzazione di un attivo derivante dalle operazioni di liquidazione.

Terzo (necessario per la responsabilità specifica dell’ex liquidatore), il fatto che l’inadempimento dell’obbligazione tributaria deve essere stato determinato dall’indebita assegnazione di beni ai soci o dal pagamento di debiti di graduazione inferiore rispetto a quelli fiscali. 

Delineate le condizioni perché possa configurarsi la responsabilità, pare ovvio porre l’accento sul fatto che esse non potranno solo essere affermate, dovranno anche essere provate.

E proprio con riguardo al delicato tema dell’onere della prova si impone una chiarificazione, volta a scansare ogni equivoco.

Non si nega che con l’entrata in vigore del D. Lgs. n. 175/2014, la ripartizione dell’onere probatorio, in precedenza gravante sull’Ufficio finanziario, abbia subito un evidente restyling, concretizzatosi in una sorta di inversione dell’onus probandi a sfavore di liquidatori e soci.

In particolare, la novella legislativa ha previsto che i liquidatori rispondono in proprio del pagamento delle imposte se non provano di aver soddisfatto i crediti tributari anteriormente all’assegnazione di beni ai soci  ovvero di avere soddisfatto crediti di ordine superiore rispetto a quelli tributari; i soci rispondono se non dimostrano di non aver ricevuto nulla né a conclusione dell’attività liquidatoria né nei due periodi antecedenti la liquidazione.

E’ stata, dunque, introdotta una presunzione legale relativa a favore del Fisco, operante ogni volta che risulti un credito tributario insoddisfatto.

E’opportuno, però, per non incorrere in equivoci, individuare l’esatta portata della presunzione legale introdotta dalla novella sopra citata, purtroppo spesso abusata dall’A.F.. 

Intanto andrà chiarito che la presunzione avrà ad oggetto, l’assegnazione di beni ai soci, e/o il soddisfacimento di crediti di grado inferiore. Ma tale presunzione potrà effettivamente operare solo quando l’Ufficio, per avere ragione della pretesa avrà motivato e provato in merito: 1. all’esistenza ed alla definitività della stessa in capo alla società; 2. alla realizzazione di un attivo in esito alle operazioni di liquidazione.

Circostanze, quelle indicate, assolutamente prioritarie rispetto ad ogni responsabilità.

Infatti, dove il debito tributario in capo alla società sia del tutto incerto, sia nell’an che nel quantum, dove non ci sia attivo a conclusione dell’attività liquidatoria, il problema della responsabilità non potrà porsi non sussistendone le condizioni.

Quando l’Ufficio avrà assolto il proprio onere probatorio in merito a tali elementi (esistenza certa della pretesa tributaria della società – realizzazione di attivo a chiusura del bilancio finale di liquidazione) opererà la presunzione di assegnazione ai soci o di soddisfacimento di debiti di graduazione inferiore e, dunque, sarà incombenza del liquidatore e dei soci dimostrare di avere operato con diligenza e di non aver percepito nulla né a conclusione dell’attività di liquidazione né nelle due annualità precedenti.  

Mancando la dimostrazione delle condizioni essenziali nessuna presunzione legale relativa potrà ritenersi operante in favore del Fisco con l’ovvia conseguenza che nessun onere della prova contraria potrà ritenersi incombente sull’ex liquidatore dell’estinta società.

Altrettanto dicasi per la responsabilità del contribuente come socio. Anche in questo caso la responsabilità presuppone l’immancabile esistenza del debito tributario sociale. Laddove sussistano contestazioni sull’esistenza stessa del diritto, nessuna responsabilità potrà ancora configurarsi. Oltretutto si osservi che il presupposto fondamentale ed immancabile affinchè sussista la responsabilità del socio è rappresentato ex art. 36, co. 3 (come modificato dall’art. 28, co. 5 del D. Lgs. n. 175/2014), dalla ricezione “… nel corso degli ultimi due anni di imposta precedenti alla messa in liquidazione denaro o altri beni sociali … il valore del denaro e dei beni sociali in assegnazione si presume proporzionalmente equivalente alla quota di capitale detenuta dal socio … salvo prova contraria”. 

Dal dettato normativo, come modificato emerge che la presunzione di legge, operante a favore dell’Erario, rispetto alla quale il socio potrà dare prova contraria, riguarda la misura del valore o dei beni distribuiti, ciò lasciando intendere che, comunque, la prova del presupposto (ossia la distribuzione) come condizione senza la quale alcuna responsabilità potrà configurarsi in capo al socio, sarà di appannaggio dell’Ufficio impositore. 

E, comunque, nelle società di capitali (in cui non esiste una responsabilità solidale illimitata tra soci e società come nelle società di persone), il socio sarà responsabile dei debiti della società solo se abbia ricevuto somme a chiusura dell’attività di liquidazione e nei limiti di quanto ricevuto. In assenza di somme percepite in quella sede nessuna responsabilità del socio potrà mai essere invocata.

Avv. Iris Maria Ruggeri - Cassazionista -