Le Sezioni Unite attribuiscono la giurisdizione sulla prescrizione post cartella al giudice ordinario.

Le Sezioni Unite attribuiscono la giurisdizione sulla prescrizione post cartella al giudice ordinario.

Le Sezioni Unite attribuiscono la giurisdizione sulla prescrizione post cartella al giudice ordinario.

Le Sezioni Unite attribuiscono la giurisdizione sulla prescrizione post cartella al giudice ordinario.

Del 24.12.2019, la sentenza n. 34447, con la quale le Sezioni Unite tolgono ogni dubbio su una questione di fondamentale importanza riguardante l’individuazione della giurisdizione competente a pronunciare sulla prescrizione maturata successivamente alla notifica della cartella di pagamento riguardante debiti tributari.

La pronuncia nasce da una specifica questione riguardante un fallimento, in cui il Giudice delegato, in accoglimento dell’eccezione di prescrizione sollevata dalla curatela fallimentare, ammetteva al passivo solo parzialmente i crediti dell’Ente di riscossione, essendo, taluni di essi, prescritti visto il tempo intercorso dopo la notifica delle cartelle non opposte.

Col ricorso per Cassazione, Riscossione Sicilia contestava il difetto di giurisdizione del giudice ordinario: spetterebbe, infatti, al giudice tributario che è fornito di giurisdizione sull’obbligazione tributaria, pronunciare sulla prescrizione maturata dopo la notifica della cartella della pagamento divenuta definitiva per mancata impugnazione. La cartella o l’intimazione di pagamento, infatti, non sono qualificabili come atti dell’esecuzione forzata, ciò comportando, ai sensi dell’art. 2, D. Lgs. n. 546/1992, la giurisdizione delle Commissioni Tributarie.

Con ordinanza interlocutoria (n. 20050/2019) la Sezione Prima della Corte di Cassazione ha investito le Sezioni Unite chiamandole a stabilire se siano o meno riservate alla giurisdizione tributaria le controversie riguardanti la prescrizione maturata successivamente alla notifica della cartella di pagamento, divenuta definitiva per mancata impugnazione.

Cosicchè il Supremo Consesso, attraverso la sentenza segnalata, ritiene di discostarsi dall’orientamento precedente (SS.UU. n. 23832/2007 – 8770/2016 – 14648/2017) secondo il quale il giudice tributario sia l’unico a poter decidere ogni controversia relativa all’an ed al quantum del tributo dovuto, compresa la prescrizione maturata successivamente alla formazione del titolo esecutivo racchiuso nella cartella; a giustificare lo scostamento è l’art. 2, D. Lgs. n. 546/1992 che esclude dalla giurisdizione tributaria tutte le controversie riguardanti gli atti dell’esecuzione forzata tributaria successivi alla notifica della cartella.

La notifica della cartella di pagamento”, chiariscono le Sezioni Unite, “non impugnata (o vanamente impugnata) dal contribuente nel giudizio tributario determina il consolidamento della pretesa fiscale e l’apertura di una fase che, per chiara disposizione normativa, sfugge alla giurisdizione del giudice tributario, non essendo più in discussione l’esistenza dell’obbligazione tributaria né il potere impositivo sussumibile nello schema potestà-soggezione che è proprio del rapporto tributario (non tutte le controversie nelle quali abbia incidenza una norma fiscale si trasformano in controversie tributarie di competenza delle relative commissioni ...)”.

Il ragionamento seguito è il seguente: il processo tributario si configura come “impugnazione-merito” e postula sempre l’esistenza di un atto da impugnare entro un termine perentorio; tale schema non è affatto rispettato quando il debitore, pur non avendo ricevuto alcun atto, intenda far valere fatti estintivi, come la prescrizione, della pretesa erariale maturati successivamente alla notifica della cartella di pagamento, al fine di paralizzare l’azione dell’ente creditore.

L’atto da impugnare non potrà essere identificato nell’estratto del ruolo rilasciato dall’Ente di riscossione su richiesta del contribuente, perché tale impugnazione è ammessa nell’unico caso in cui il contribuente sia stato privato della possibilità di impugnare la cartella non avendone avuto conoscenza a causa della invalidità della notifica. Quando, invece, la cartella è stata ritualmente notificata e non sia stata impugnata comportando la definitività della pretesa tributaria, i fatti estintivi successivi dovranno essere prospettati al giudice dell’esecuzione, al quale compete la verifica dell’attualità del diritto dell’ente creditore di procedere all’esecuzione forzata.

A rinvigorire la fondatezza di tale impostazione, le Sezioni Unite richiamano la pronuncia della Consulta n. 114/2018 in cui il Giudice delle leggi ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 57, co. 1, DPR. n. 602/73(come sostituito dall’art. 16, D. Lgs. n. 46/1999) nella parte in cui non prevede che, nelle controversie che riguardano gli atti dell’esecuzione forzata tributaria successivi alla notifica della cartella o dell’intimazione di pagamento ex art. 50, DPR. n. 602/73, siano ammesse le opposizioni di cui all’art. 615 c.p.c..

Nella citata pronuncia la Corte Costituzionale aveva individuato la linea di demarcazione tra la giurisdizione del giudice tributario e quella del giudice ordinario: fino alla cartella di pagamento ed all’eventuale avviso di intimazione che esprimono il potere di imposizione fiscale, la giurisdizione è tributaria; a valle, invece, la giurisdizione è del giudice dell’esecuzione.

Occorre, allora, fare una importante distinzione: se oggetto di contestazione è il titolo della riscossione tributaria, la controversia appartiene alla giurisdizione della Commissione Tributaria e l’atto processuale d’impulso è il ricorso proponibile avverso il “il ruolo e la cartella”, NON E’ POSSIBILE, in tale ipotesi, proporre OPPOSIZIONE ALL’ESECUZIONE EX ART. 615 c.p.c., perché l’opposizione all’esecuzione (che, come noto, non è soggetta a termini di decadenza) non ammissibile ai sensi dell’art. 57, co. 1, DPR. n. 602/73, non può avere una funzione recuperatoria di un ricorso tributario non proposto nel termine perentorio dei sessanta giorni.

Diversamente, invece, per tutti quegli eventi che intervengano successivamente alla rituale notifica della cartella e dell’eventuale avviso di intimazione, non vi è spazio per la giurisdizione del giudice tributario e l’azione esercitata dal contribuente (che non riguardi la regolarità del titolo o egli atti della procedura) deve qualificarsi come opposizione all’esecuzione ex art. 615 c.p.c., essendo contestato il diritto di procedere alla riscossione coattiva.

Se è vero, infatti che la cartella di pagamento è configurabile come atto della riscossione E NON dell’esecuzione; se è altrettanto vero che ai sensi dell’art. 2, D. Lgs. n. 546/1992 la giurisdizione tributaria si arresta di fronte agli atti dell’esecuzione, sarà coerente col sistema ammettere che tutti i fatti intervenuti successivamente alla notifica della cartella (o della intimazione di pagamento), in specie quelli estintivi del credito tributario in essa cristallizzato, come la prescrizione, dovranno essere dedotti dinnanzi al giudice ordinario in funzione di giudice dell’esecuzione ai sensi dell’art. 615 c.p.c.

Resta fermo, ovviamente, che se venga notificata l’intimazione di pagamento oltre il termine di prescrizione del tributo, maturato successivamente alla rituale notifica della cartella di pagamento, la giurisdizione sarà del giudice tributario.

 

Avv.ti Iris Maria Ruggeri e Francesco Cotrufo