Disciplina penale tributaria applicabile alle società in accomandita semplice.

COTRUFO & Partners
Avvocati e Commercialisti

 

Disciplina penale tributaria applicabile alle società in accomandita semplice.

 

Per una individuazione della disciplina penale tributaria applicabile alle società in accomandita semplice, sembra utile un inquadramento normativo.

L'art. 1, comma 1, d.lgs. n. 74 del 2000, nell'elencare le definizioni dei termini e dei sintagmi qualificanti la «Nuova disciplina dei reati in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto», prevede, alla lett. c), che «per "dichiarazioni" si intendono anche le dichiarazioni presentate in qualità di amministratore, liquidatore o rappresentante di società [...] nei casi previsti dalla legge», e, alla lett. f), che «per "imposta evasa" si intende la differenza tra l'imposta effettivamente dovuta e quella indicata nella dichiarazione [...]». Queste previsioni implicano, anche esplicitamente, un rinvio alla legislazione tributaria.

In forza di questa disciplina, innanzitutto, a norma dell'art. 6 d.P.R. 29 settembre 1973, n.,600, le società in accomandita semplice, come tutte le società di persone, sono tenute a presentare la dichiarazione «agli effetti dell'imposta sul reddito delle persone fisiche e dell'imposta sul reddito delle persone giuridiche dovute dai soci [...]». Inoltre, secondo quanto prevede l'art. 1 del d.P.R. 22 luglio 1998, n. 322, la precisata dichiarazione deve essere sottoscritta dal legale rappresentante dell'ente, o, in mancanza, da chi ne ha l'amministrazione anche di fatto. Ancora, in ragione dell'art, 40, secondo comma, d.P.R. n. 600 del 1973, già citato, alla rettifica delle dichiarazioni presentate dalle precisate società, conseguente agli accertamenti delle Autorità preposte, «si procede con unico atto ai fini dell'imposta locale sui redditi [attualmente abrogata] dovuta dalle società stesse e ai fini delle imposte sul reddito delle persone fisiche o delle persone giuridiche dovute dai singoli soci [...]». Infine, per effetto dell'art. 5 d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, i redditi delle società in accomandita semplice residenti nel territorio dello Stato sono imputati a ciascun socio, indipendentemente dalla percezione, proporzionalmente alla sua quota di partecipazione agli utili;

muovendo da questa disposizione, la giurisprudenza civile di legittimità afferma che il maggior reddito operato in rettifica nei confronti della società in accomandita semplice ed imputato al socio ai fini dell'IRPEF, in proporzione della relativa quota di partecipazione, comporta anche l'applicazione allo stesso socio della sanzione per infedele dichiarazione prevista dalla legislazione tributaria (così, tra le altre, Sez. 5 civ., n. 16116 del 28/06/2017, Rv. 644702-01, e Sez. 5 civ., n. 21570 del 07/11/2005, Rv. 585141-01).

In conseguenza del sintetizzato sistema normativo, le società in accomandita semplice sono tenute a presentare le dichiarazioni ai fini delle imposte sui redditi, ma il risultato di esercizio deve essere imputato direttamente ai singoli soci, ovviamente ciascuno per la sua quota di partecipazione. Ne deriva che il reato di cui all'art. 4 D.lgs. n. 74 del 2000 può essere integrato anche mediante la presentazione della dichiarazione in nome della società in accomandita semplice, e che, però, in tal caso, l'imposta sui redditi evasa deve essere calcolata avendo riguardo al reddito dei singoli soci.

 

 Avv. Francesco Cotrufo, avvocato e commercialista del foro di Bari

 

 

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