Spese di sponsorizzazioni: insindacabilità delle scelte imprenditoriali.

GIURISPRUDENZA

Spese di pubblicità: insindacabilità delle scelte imprenditoriali.

Con sentenza n. 432, la CTP di Taranto ha accolto il ricorso del contribuente, difeso dall’avv. Cotrufo di COTRUFO & Partners - Avvocati e Commercialisti, avverso un avviso di accertamento in tema di sponsorizzazioni. La pretesa impositiva trovava fondamento sui rilievi conclusivi di una verifica condotta a carico del soggetto terzo, un’ASD, con la quale il ricorrente aveva stipulato un contratto di sponsorizzazione, la cui spesa, però, era, a parere dell’AE, sensibilmente elevata rispetto all’utile dichiarato, tanto da farla apparire priva di congruità e non inerente sotto il profilo quantitativo.

Sicchè, avendo ritenuto mancante il requisito dell’inerenza all’esercizio dell’attività; avendo ritenuto l’entità delle spese asseritamente sostenute, sproporzionata rispetto al fatturato dichiarato per l’anno in contestazione; poiché, in ultimo, le manifestazioni sportive si sarebbero svolte in un comune distante da quello in cui sede l’attività, l’Ufficio, in via del tutto arbitraria, ha parzialmente riqualificato la spesa sostenuta dal contribuente, ritenendo che solo in parte il costo fosse stato sostenuto per la sponsorizzazione, mentre, la restante parte, più consistente della prima, era da ritenersi mera liberalità che la ditta avrebbe elargito dall’ASD.

Dalla irragionevole riqualificazione operata è derivato, attraverso l’atto impositivo di cui trattasi, il recupero di costi indebitamente sostenuti ed il recupero dell’IVA indebitamente detratta.

Si è difesa, la ditta contribuente, evidenziando l’infondatezza delle conclusioni erariali alla luce del diritto positivo (art 90, co. 8, legge n. 289/2002) e della giurisprudenza di legittimità.

La Corte di cassazione si è, da anni, assestata escludendo ogni rilevanza della assunta antieconomicità del costo ai fini della sua deducibilità stante l’esistenza della presunzione legale assoluta di cui all’art. 90, co. 8, legge n. 289/2002. Testualmente il Supremo Collegio ha chiarito che “… deve considerarsi irrilevante la considerazione … della antieconomicità della spesa de qua, in ragione della sproporzione tra l’entità della stessa rispetto al fatturato/utile di esercizio della società contribuente ovvero della inidoneità della spesa stessa. Infatti tale presunzione legale riguarda sia la natura del costo, quale spesa pubblicitaria, sia l’inerenza del costo stesso sino alla soglia … appunto perché quella in esame è una presunzione legale assoluta la cui ratio evidente non riguarda la determinazione del reddito d’impresa ovvero la base imponibile Irap, ma il sostegno finanziario dei privati alle attività sportive dilettantistiche.”. (Cass. n. 15179/2020)

Con ordinanza n. 6368 del 08.03.2021, in tema di spese di sponsorizzazione, la Corte ha affermato che per determinare l’inerenza e di conseguenza la deducibilità dei costi occorre solo verificare il nesso tra la spesa sostenuta e l’attività imprenditoriale svolta non sussistendo, al contrario, alcuna relazione con i ricavi conseguiti. Pertanto, in generale, l’inerenza di un costo non può, per come pretenderebbe l’AE, essere esclusa basandosi sulla mera sproporzione tra quest’ultimo ed il presumibile ritorno commerciale per l’azienda. L’indeducibilità deve quindi riguardare esclusivamente quegli oneri sostenuti per finalità estranee all’attività imprenditoriale. Per quel che concerne, infatti, le spese di sponsorizzazione, la Cassazione ha escluso che ai fini della deducibilità debba aversi riguardo alla correlazione tra costi e ricavi, ponendo, invece, l’accento sul nesso inferenziale tra costi ed attività imprenditoriale, giungendo ad escludere che il giudizio di antieconomicità comporti indeducibilità dei costi sostenuti. (Cass. n. 7117/2021 - n. 6384/2021 - 5428/2020 - 8540/2020) Un costo, allora, è inerente e, quindi, deducibile se c’è correlazione con l’attività imprenditoriale nel suo complesso.

Stando così le cose, nel caso deciso, nessuna prova, neppure presuntiva era stata offerta dall’AE circa l’inesistenza oggettiva parziale delle operazioni documentate dalle fatture oggetto di contestazione; non risultava essere contestata l’inesistenza del contratto di sponsorizzazione; né risultava essere stato adeguatamente spiegato il ragionamento compiuto per giungere alla conclusione che l’importo indicato costituisse per la gran parte “mera liberalità” operata dalla ditta accertata in favore della ASD e che solo la parte residua dovesse essere ritenuta spesa di pubblicità.

La CTP di Taranto dando ampiamente ragione al contribuente ha chiarito che la spesa sostenuta nella sua entità rientra “… nel limite legale di Euro 200.000,00, previsto dall’art. 90, co. 8, legge n. 289/2002 e comunque non inconciliabile dol fatturato dichiarato …”; né, proseguono i Giudici, appare anomala la circostanza che la tabaccheria si trovi in un comune e l’ASD in un comune limitrofo. Sicchè “Contraddittoria appare la tesi propugnata dall’Agenzia delle Entrate, nel momento in cui da un lato non disconosce il contratto di sponsorizzazione ammettendo la detrazione della minor somma … e poi dall’altro ne mette in dubbio l’effettiva convenienza per il ricorrente, così pretendendo di sindacare le sue autonome scelte imprenditoriali in termini di futuro sviluppo dell’attività mediante adeguata pubblicità. In conclusione, l’Ufficio non è stato in grado di offrire né prove certe, né elementi presuntivi univoci ed inoppugnabili a sostegno della sia maggior pretesa tributaria che va pertanto rigettata …”.

 

Avv. Iris Maria Ruggeri - Cassazionista -

 

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