Da indagini bancarie, si presume: versamenti + prelevamenti = ricavi

Da indagini bancarie, si presume:  versamenti + prelevamenti = ricavi

Da indagini bancarie, si presume: versamenti + prelevamenti = ricavi

Da indagini bancarie, si presume:
versamenti + prelevamenti = ricavi
Il contribuente può fornire la prova contraria, che il giudice deve valutare, escludendo dal calcolo della base imponibile soltanto i movimenti che risultano giustificati
somme
In virtù della presunzione di cui al comma 2, articolo 32, Dpr 600/1973, sia i prelevamenti sia i versamenti operati sui conti correnti vanno imputati a ricavi conseguiti dal contribuente nella propria attività di impresa, se questo non dimostra di averne tenuto conto nella determinazione della base imponibile.
La Corte di cassazione, con la sentenza n. 25984 del 20 novembre, torna a esprimersi in merito alla portata della presunzione prevista dalla disciplina delle cosiddette indagini bancarie.
 
I fatti in causa
La Ctr del Lazio, in accoglimento parziale dell’appello del contribuente, rideterminava in diminuzione la pretesa tributaria avanzata dall’Amministrazione all’esito di indagini bancarie sui conti correnti del contribuente ritenendo “non condivisibili le risultanze dell’accertamento atteso che nel determinare il reddito da assoggettare a tassazione l’ufficio ha sommato al totale dei versamenti effettuati sui vari conti correnti bancari anche le somme prelevate nel contempo dagli stessi conti, che a giudizio di questo Collegio, devono invece essere decurtate dall’ammontare dell’imponibile accertato”.
 
Avverso tale pronuncia, l’Amministrazione finanziaria ricorreva in Cassazione denunciando la falsa applicazione dell’articolo 32, Dpr 600/1973, assumendo che la Ctr avesse così “voluto decidere secondo equità”, in violazione della norma di cui all’articolo 113 cpc che impone al magistrato di giudicare secondo diritto.
 
Il contribuente proponeva, a sua volta, ricorso incidentale sostenendo l’illegittimità dell’accertamento induttivo fondato sulle indagini bancarie nei confronti di un soggetto che non svolga attività imprenditoriale.
 
La pronuncia della Corte e considerazioni
La Cassazione accoglie il ricorso principale dell’Agenzia, rigetta il ricorso incidentale del contribuente, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso introduttivo del contribuente.
Secondo il pensiero della Corte, infatti, “in tema di accertamento delle imposte sui redditi, in virtù della presunzione di cui all’articolo 32, Dpr 600/1973 – che, data la fonte legale, non necessita dei requisiti di gravità, precisione e concordanza richiesti dall’articolo 2729 cc per le presunzioni semplici – sia i prelevamenti che i versamenti operati su conti correnti bancari vanno imputati a ricavi conseguiti dal contribuente nella propria attività d’impresa, se questo non dimostra di averne tenuto conto nella determinazione della base imponibile oppure che sono estranei alla produzione del reddito”.
 
La Cassazione afferma che tale principio è conforme ai propri precedenti (cfr Cassazione 16650/2011 e 9103/2001) e che il contribuente può fornire la prova contraria, che deve essere valutata dal giudice attraverso i riscontri possibili (date, importi, tipo di attività, soggetti coinvolti), escludendo dal calcolo dell’imponibile soltanto i singoli movimenti bancari che risultano giustificati.
Sul punto, inoltre, la Corte ricorda che la disposizione di cui al comma 1, n. 2, dell’articolo 32, Dpr 600/1973, nella parte in cui prevede che i prelevamenti dai conti correnti bancari siano posti, come ricavi, a base degli accertamenti dell’Amministrazione finanziaria, ha superato il vaglio di legittimità della Corte costituzionale.
Infatti, con la sentenza n. 225/2005, il giudice delle leggi ha ritenuto la disposizione di cui all’articolo 32 non lesiva del principio di ragionevolezza “non essendo manifestamente arbitrario ipotizzare che i prelievi ingiustificati dei conti correnti bancari effettuati da un imprenditore siano stati destinati all’esercizio dell’attività d’impresa e siano quindi considerati, detratti i relativi costi, in termini di reddito imponibile”.
 
La Corte di cassazione respinge, invece, il ricorso incidentale del contribuente ritenendo che “la presunzione di cui all’articolo 32, Dpr 600/1973 ha portata generale, nonostante l’utilizzo (nella versione applicabile ratione temporis , e cioè anteriore alla modifica recata dalla legge 30 dicembre 2004 n. 311) dell’accezione “ricavi” e non anche di quella “compensi” ed è applicabile, quindi, non solo al reddito di impresa, ma anche al reddito da lavoro autonomo professionale”.
 
La Cassazione, nel respingere il ricorso introduttivo del contribuente, nulla dice, invece, in merito all’opportunità/necessità di riconoscere in deduzione costi occulti a fronte dei ricavi presunti dai prelevamenti.
A tal riguardo, si ricorda che l’Amministrazione finanziaria ha fornito utili indicazioni con la circolare 32/E del 2006.
In questo documento di prassi, è stata tracciata una differenza tra le ipotesi in cui lo strumento delle indagini bancarie viene utilizzato nell’ambito di un accertamento induttivo “puro”, in presenza del quale nella ricostruzione del reddito si deve tener conto “soprattutto in assenza di documentazione certa, di un’incidenza percentuale di costi presunti a fronte di maggiori ricavi accertati”, e l’ipotesi in cui le indagini bancarie sono utilizzate a supporto di accertamenti analitici o analitici-induttivi in presenza dei quali “nessun margine si offre all’ufficio procedente ai fini di un possibile riconoscimento di componenti negative di cui non è stata fornita dal contribuente prova certa”.
Mauro Faggion
pubblicato Martedì 10 Dicembre 2013
http://www.fiscooggi.it/giurisprudenza/articolo/indagini-bancarie-si-presume-versamenti-prelevamenti-ricavi