Il NO della Cassazione ai nuovi documenti in appello se la produzione è finalizzata ad integrare la motivazione dell’avviso di accertamento – di Iris Maria Ruggeri, avvocato in Catania.

Il NO della Cassazione ai nuovi documenti in appello se la produzione è finalizzata ad integrare la motivazione dell’avviso di accertamento – di Iris Maria Ruggeri, avvocato in Catania.

Il NO della Cassazione ai nuovi documenti in appello se la produzione è finalizzata ad integrare la motivazione dell’avviso di accertamento – di Iris Maria Ruggeri, avvocato in Catania.

Del 02.04.2020 la breve ma interessante sentenza n. 7649 con cui la Suprema Corte di Cassazione statuisce sulla esclusione della possibilità di produrre nuovi documenti in appello laddove la produzione sia funzionale alla integrazione della motivazione dell’atto impositivo in corso di causa.

La pronuncia si pone perfettamente in linea, equilibrandoli, con due principi:

  1. Quello inderogabile secondo il quale l’atto impositivo in genere, al momento stesso della sua emissione dovrà essere completo di ogni suo elemento costitutivo, primo tra tutti dell’imprescindibile requisito della motivazione fondamentale al fine di attribuire confini certi alla pretesa avanzata e consentire al destinatario un efficace esercizio del diritto di difesa, precludendo ogni possibilità di integrazione in corso di causa;
  2. Quello, ormai genericamente acquisito dalla granitica posizione della giurisprudenza di legittimità secondo la quale l’art. 58, D. Lgs. n. 546/1992, senza dubbio consente, a maglie decisamente più larghe rispetto al corrispondente art. 354 c.p.c., di operare, per la prima volta, produzioni documentali in grado di appello, indipendentemente dalla dimostrazione dell’impossibilità di non averli potuti prima per cause non imputabili.

La quaestio facti è semplicissima e oltremodo lineare.  

La fattispecie decisa riguarda un avviso di rettifica e liquidazione attraverso il quale l’A.E. Direzione Provinciale di Napoli aveva accertato il maggior valore di un complesso immobiliare, basando la rettifica, come sovente avviene, sul raffronto con atti di compravendita aventi ad oggetto acquisto di immobili similari posti nella medesima zona.

Da quel che è dato apprendere dall’arresto in esame, in grado di appello, per la prima volta, l’Ufficio impositore, invocando il disposto di cui all’art. 58, D. Lgs. n. 546/1992 (che, come noto, consente alle parti del processo tributario di produrre liberamente documenti anche in sede di gravame, indipendentemente dalla dimostrazione di non averli potuti produrre prima, anche se preesistenti al giudizio) produceva in giudizio gli atti di compravendita di cui si era avvalso ai fini del raffronto sul quale aveva edificato la pretesa tributaria.

Documenti che il giudice d’appello aveva ammesso e su cui aveva fondato la decisione.

La società contribuente proponeva ricorso per Cassazione affidato a due mezzi di gravame (violazione e/o falsa applicazione degli artt. 51 e 52, D. Lgs. n. 131/1986 – Violazione e falsa applicazione dell’art. 58, D, Lgs. n. 546/1992) che la Corte ha ritenuto di trattare congiuntamente in quanto strettamente unitari e connessi.

Quello che di seguito testualmente si riporta il nucleo centrale della motivazione che ha condotto la Corte Eccellentissima ad accogliere il ricorso della società: “… balza all’evidenza la violazione del disposto dell’art. 52 del DPR. n. 131/1986, (commi 2 e 2 bis) secondo cui l’avviso di accertamento … «… deve contenere i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che lo hanno determinato. Se la motivazione fa riferimento ad un altro atto non conosciuto né ricevuto dal contribuente questo deve essere allegato all’atto che lo richiama, salvo che quest’ultimo non ne riproduca il contenuto essenziale. L’accertamento è nullo se non sono osservate le disposizioni di cui al presente comma». Orbene, una volta riconosciuto che l’Ufficio, -…-, in sede di emissione dell’avviso di rettifica in questione era venuto meno all’obbligo imposto dall’art. 52 citato non rendendo noti gli elementi in base ai quali era pervenuto alla diversa stima oggetto della contestazione e solo in sede di appello aveva provveduto alla integrazione della motivazione mediante l’allegazione di atti di compravendita di immobili con caratteristiche similari a quelli oggetto di contestazione, la conseguenza che ne deriva è quella per cui la decisione della CTR è risultata basata su elementi che non potevano essere presi in considerazione perché non richiamati e allegati all’avviso di accertamento … . Il ricorso va accolto con cassazione della sentenza impugnata”.  

L’inciso riportato chiarisce l’impossibilità di applicare indiscriminatamente la norma del processo tributario (art. 58, D. Lgs. n. 546/1992): se, infatti, i documenti prodotti per la prima volta in appello erano necessari ab origine, come nel caso deciso, a completare il requisito motivazionale dell’atto, essendo precluso agli Uffici finanziari integrare la motivazione della pretesa impositiva in corso di causa, quegli stessi documenti non potevano trovare ingresso, per la prima volta, nel processo d’appello.

Iris Maria Ruggeri, avvocato in Catania.