L’INPS è sempre legittimato passivo nei giudizi in materia previdenziale quando vengano eccepite contestazioni involgenti la prescrizione quinquennale maturata tra le date di notifica delle cartelle e la successiva intimazione di pagamento. Avv. Iri

L’INPS è sempre legittimato passivo nei giudizi in materia previdenziale quando vengano eccepite contestazioni involgenti la prescrizione quinquennale maturata tra le date di notifica delle cartelle e la successiva intimazione di pagamento.  Avv. Iri

L’INPS è sempre legittimato passivo nei giudizi in materia previdenziale quando vengano eccepite contestazioni involgenti la prescrizione quinquennale maturata tra le date di notifica delle cartelle e la successiva intimazione di pagamento. 

Con ricorso proposto avverso un’Intimazione di pagamento notificatagli dall’Ente di riscossione per conto dell’INPS, parte opponente, difesa dagli avv.ti Francesco Cotrufo e Iris Maria Ruggeri di COTRUFO & Partners – Avvocati e Commercialisti -  chiedeva l’annullamento per giuridica inesistenza e/o nullità della notifica delle sottese cartelle di pagamento e/o avvisi di addebito, nonché per intervenuta prescrizione quinquennale del credito contributivo, medio tempore maturata tra le asserite date di notifica delle cartelle e quella di notifica dell’opposta intimazione.

L’impugnazione, così formulata, veniva rivolta tanto all’Ente di riscossione quanto all’Ente creditore (INPS). Entrambe le controparti evocate in causa si costituivano in giudizio.

In particolare, l’Ente di riscossione, unitamente al proprio atto difensivo, depositava in atti documentazione volta a dimostrare la correttezza del proprio modus operandi, tradottasi nella rituale notificazione delle prodromiche cartelle (e dei sottesi ruoli) e/o avvisi di addebito, titoli legittimanti l’intimazione di pagamento opposta; non produceva, tuttavia, mezzi di prova volti a dimostrare l’avvenuta notifica di atti interruttivi.

Il Giudice designato, esaminati gli atti e i documenti prodotti dalle parti, con sentenza n. 104/2018 (depositata in data 16/01/2018 e non notificata) pur avendo rilevato l’intervenuta prescrizione, ha tuttavia dichiarato il difetto di legittimazione passiva dell’Ente creditore - INPS, da ciò facendo discendere, in favore di quest’ultimo, la condanna alle spese dell’opponente, liquidate in Euro 3.550,00 oltre accessori di legge. Ha, invece, condannato l’ente di riscossione alla rifusione delle spese processuali nei confronti dell’opponente.

Agenzia delle Entrate – Riscossione ha proposto appello avverso l’indicata sentenza, lamentando l’illegittimità della sentenza poiché frutto dell’erronea applicazione delle norme di diritto riguardanti la prescrizione, avendo, il Giudice di primae curae, ritenuto “… determinante il decorso del termine quinquennale per la prescrizione del credito di cui trattasi”. Il motivo di gravame ex adverso interposto trovava il proprio fondamento sulla tesi, invero assolutamente erronea, secondo la quale il diritto alla riscossione del credito contributivo di cui trattasi sarebbe soggetto all’ordinario termine di prescrizione di cui all’art. 2946 c.c., in tutte quelle ipotesi, come quella in esame, in cui le cartelle di pagamento risultino ritualmente notificate e non opposte. La definitività degli atti comporterebbe, infatti, al pari della sentenza passata in giudicato, la tramutazione del termine di prescrizione da quinquennale in decennale (actio iudicati).

Parte appellata si difendeva opponendo l’infondatezza della tesi difensiva avversaria alla luce dei principi di diritto sanciti dall’Ecc.ma Corte a Sezioni Unite nella sentenza n. 23397/2016 e successivamente ribaditi e confermati in numerose pronunce rese a Sezioni semplici.

Proponeva, contestualmente, appello incidentale avverso la sentenza di primo grado, con specifico riguardo al capo che ha disposto la sua condanna alle spese in favore dell’INPS, poiché basata sull’erroneo presupposto di diritto secondo il quale l’ente creditore fosse privo di legittimazione passiva. Invero, dal tenore della sentenza di primo grado era riscontrabile un nesso di causalità diretta tra la condanna alle spese dell’opponente in favore dell’INPS ed il ritenuto difetto di legittimazione passiva dell’ente creditore che, a parere del decidente, non avrebbe dovuto essere evocato in causa stante la mancata contestazione del merito della pretesa contributiva.

Argomentava l’appellante incidentale, chiarendo la natura dei rapporti tra INPS e ADER. Il primo è soggetto titolare del credito e, come tale, è SEMPRE legittimato passivo nei giudizi aventi ad oggetto il pagamento dei contributi previdenziali (Ex multis. Cass. – Sez. Lav. N. 706/2016). L’ente di riscossione è, invece, un adiectus solutionis causa, ossia il soggetto incaricato dall’Ente creditore di riscuotere, per suo conto, il pagamento.

Deriva, così, prima facie, da quanto osservato, l’impossibilità di ritenere l’INPS privo di legitimatio ad causam, nel senso che, SEMPRE, esso è parte nel processo, differentemente dall’Ente di riscossione che, invece, non è mai parte non rivestendo il ruolo di contitolare del credito ma solo quello di mero destinatario del pagamento. A fortiori nell’ipotesi di specie in cui parte opponente, oltre a contestare vizi imputabili all’Ente di riscossione (difetto di notifica dell’atto impugnato / giuridica inesistenza o nullità della notifica delle sottese cartelle di pagamento), aveva anche prospettato un fatto estintivo del credito contributivo, costituito dalla prescrizione, peraltro ritenuto fondato dal Giudice di primae curae. Risulta impossibile, dunque, negare la legittimazione passiva dell’INPS - Ente creditore, poiché l’opposizione proposta mirava a contestare, in radice, la pretesa contributiva negando il potere dell’ente, titolare del credito, di agire esecutivamente per il suo recupero. Con sentenza n. 12583/2013, la Cassazione ha chiarito che laddove venga opposta, oltre ai vizi di forma degli atti, la prescrizione, il ruolo esattoriale va impugnato contro l’ente impositore. Così testualmente, ha disposto la Corte nella sentenza invocata: “… il vigente sistema della tutela per le entrate previdenziali prevede le seguenti possibilità di tutela: a) opposizione al ruolo esattoriale per motivi attinenti il merito della pretesa contributiva …; b) opposizione ai sensi dell’art. 615 c.p.c. per questioni attinenti non solo alla pignorabilità dei beni, ma anche a fatti estintivi del credito sopravvenuti alla formazione del titolo … OMISSIS … In riferimento alle tipologie di opposizione di cui ai punti a) e b) soggetto legittimato passivo è l’Ente impositore … Il concessionario del servizio di riscossione è invece legittimato passivamente in giudizio rispetto all’opposizione agli atti esecutivi, laddove venga contestata la regolarità degli atti esecutivi o del titolo o del precetto”. (Giurisprudenza citata) Ne deriva che quando con un unico atto siano proposte – come è consentito – sia l’opposizione per motivi di merito della pretesa contributiva che l’opposizione per vizi di forma della cartella, entrambi i soggetti, Ente creditore e concessionario della riscossione, saranno passivamente legittimati. Ciò anche nell’ipotesi in cui l’evento estintivo, rappresentato nell’ipotesi di specie dalla prescrizione, sia maturato successivamente alla notifica del titolo esecutivo (ruolo e cartella), poiché in ogni caso esso incide sulla debenza della pretesa contributiva che vede come legittimo contraddittore l’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale. Derivava, dunque, da quanto argomentato l’illegittimità della sentenza di primo grado che erroneamente aveva escluso la legittimazione passiva dell’INPS, sull’altrettanto errato presupposto che non fossero stati prospettati motivi di contestazione con riguardo al merito della pretesa.

La Corte d’Appello di Bari, ha accolto l’appello incidentale e rigettato l’appello principale di ADER, accogliendo in toto la tesi difensiva dell’opponente, statuendo come segue: “… omissis … in presenza di contestazioni involgenti il merito della pretesa deve essere chiamato in causa, quale contraddittore l’ente impositore e, cioè il titolare del credito. …”.

Avv. Iris Maria Ruggeri, Cassazionista del foro di Catania.