Debiti tributari della societą e configurabilitą del reato di sottrazione fraudolenza al pagamento di imposte in capo al socio

GIURISPRUDENZA

COTRUFO & Partners 

Avvocati e Commercialisti

 

La Suprema Corte di cassazione, recentemente, si è occupata del sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente fondata sulla contestazione del reato ex art. 11, comma 1, d. lgs. n. 74/2000 (sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte), elevata all’indagato, nella sua qualità di socio, poi di amministratore e infine di liquidatore di una Srl.

Gli Ermellini ribadiscono che per la configurabilità del reato di sottrazione fraudolenta è sufficiente che l’azione sia idonea a rendere inefficace l’esecuzione esattoriale, configurandosi dunque l’illecito penale in termini di reato di pericolo concreto (…), integrato dal compimento di atti simulati o fraudolenti volti a occultare i propri o altrui beniidonei – secondo un giudizio ex ante che valuti la sufficienza della consistenza patrimoniale del contribuente rispetto alla pretesa dell’Erario – a pregiudicare l’attività recuperatoria dell’amministrazione finanziaria (…). Ciò evidentemente significa che il bene, oggetto degli atti simulati o fraudolenti, deve essere riconducibile al patrimonio del soggetto debitore verso l’Erario, perché solo in questo caso il compimento dell’atto può rendere in tutto o in parte inefficace la procedura di riscossione coattiva. 

Il  Supremo Collegio, inoltre, afferma che il reato in esame è connotato dal dolo specifico, che ricorre quando l’alienazione simulata o il compimento di altri atti fraudolenti, idonei a rendere inefficace la procedura di riscossione coattiva, siano finalizzati alla sottrazione “al pagamento di imposte sui redditi o sul valore aggiunto ovvero di interessi o sanzioni amministrativi relativi a dette imposte” (…). Il dolo specifico, pertanto, presuppone logicamente la sussistenza di una pretesa creditoria da parte dell’Erario, dovendo l’azione posta in essere dall’agente orientata verso il conseguimento di quel fine, che evidentemente non è configurabile ove manchi un debito verso il fisco. 

Alla luce delle superiori considerazioni, la Corte ha ritenuto che il Giudice della cautela “avrebbe dovuto esplicitare i presupposti, giuridici e di fatto, in forza dei quali, nei confronti del ricorrente, sia configurabile – e in che misura – una responsabilità per il debito tributario della società di cui è stato socio, legale rappresentante e liquidatore, e, conseguentemente, se fosse azionabile a [suo] carico (…) una procedura di riscossione coattiva: accertamento indispensabile perché si sia in presenza di una vendita simulata di un bene del debitore (…) che possa rendere in tutto o in parte inefficace, nei suoi confronti, la procedura di riscossione coattiva da parte dell’Erario”.

Avv. Francesco Cotrufo, avvocato e commercialista del foro di Bari

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