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Pagella fiscale e nuovi accertamenti tributari!

2025-10-07 13:14

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Pagella fiscale e nuovi accertamenti tributari!


Negli ultimi mesi stiamo assistendo, sempre più spesso, a un nuovo modo di agire dell’Agenzia delle Entrate: vengono inviati ai contribuenti veri e propri schemi di accertamento basati sul punteggio ISA (Indicatori Sintetici di Affidabilità) e sulla bassa redditività dell’impresa.


In parole semplici, se un’impresa ha un punteggio ISA inferiore a 8 (talvolta anche 8,5) e un utile basso rispetto a quello medio di settore, l’Ufficio presume che i ricavi dichiarati siano troppo bassi e ipotizza un maggior reddito non dichiarato.



Cosa sono gli ISA e a cosa servono davvero

Gli ISA (introdotti dall’art. 9-bis del D.L. 50/2017) sono strumenti che servono all’Amministrazione finanziaria per valutare la coerenza e l’affidabilità fiscale di imprese e professionisti.
Ogni contribuente riceve un punteggio da 1 a 10, che indica quanto la sua gestione risulta “in linea” con i parametri medi del settore.


Nella teoria, gli ISA non dovrebbero servire a fare accertamenti, ma solo a selezionare i soggetti da controllare.
Nella pratica, invece, si stanno trasformando in un vero e proprio strumento di accertamento induttivo, con cui il Fisco tenta di “ricalcolare” i ricavi dell’impresa.



 Come opera oggi l’Agenzia delle Entrate

Nella prassi, gli Uffici seguono uno schema ricorrente:


  1. Si parte dal punteggio ISA basso (inferiore a 8).

  2. Si evidenzia la bassa redditività dell’impresa rispetto alla media di settore (ma senza mostrare al contribuente i dati reali del campione usato per il confronto).

  3. Si definisce la gestione come antieconomica, sostenendo che un utile troppo basso rispetto ai costi è “anormale”.

  4. Si richiama una giurisprudenza secondo cui la scarsa redditività può comportare inversione dell’onere della prova, cioè tocca al contribuente dimostrare di non aver nascosto ricavi.

  5. Si procede poi a ricalcolare i ricavi, applicando al costo del venduto una percentuale di ricarico media ricavata da un gruppo di imprese “simili” ma con punteggio ISA più alto.

  6. Infine, si confrontano i ricavi così ricostruiti con quelli dichiarati e si sostiene che la differenza rappresenta imponibile non dichiarato.

In alternativa, in alcuni casi:


  • si prende a riferimento la percentuale di ricarico applicata solo su alcuni prodotti venduti dall’impresa (come se fosse rappresentativa di tutta l’attività);

  • per le attività artigianali, si sommano al valore dei materiali anche le ore di lavoro del titolare e dei collaboratori, attribuendo loro un presunto valore di mercato.


 Dove sono i problemi

Questa metodologia presenta diversi profili di criticità:


  • Gli ISA sono nati come strumento di selezione del rischio fiscale, non come base per calcolare nuovi ricavi.

  • Il punteggio ISA e la bassa redditività non sono prove, ma semplici indici di anomalia.

  • Trattarli come “presunzioni gravi, precise e concordanti” (come previsto dagli articoli 39 DPR 600/1973 e 54 DPR 633/1972) significa stravolgere la logica della norma.

  • Inoltre, l’Ufficio non mette a disposizione i dati del campione utilizzato, impedendo al contribuente di difendersi in modo pieno e trasparente.

  • Infine, basare l’accertamento solo sulla “bassa redditività” equivale a punire chi ha margini ridotti o attraversa una fase economica difficile.


 Esempio concreto

Immaginiamo un’impresa che:


  • acquista merci per € 100.000,

  • dichiara ricavi per € 120.000,

  • ha quindi un ricarico del 20%.

Il suo punteggio ISA è 7,5, perché la redditività è più bassa rispetto alla media di settore (dove il ricarico medio è, ad esempio, 30%).


L’Agenzia, sulla base di quel dato, ricalcola i ricavi applicando il 30% di ricarico al costo del venduto:


€ 100.000 × 1,30 = € 130.000

E conclude che il contribuente ha “occultato” € 10.000 di ricavi.
Ma quel risultato nasce solo da una media statistica, non da un fatto concreto.
Non tiene conto di eventuali sconti commerciali, rimanenze, differenze di qualità dei prodotti o politiche di prezzo legate al mercato reale.



Cosa dovrebbe fare il contribuente

Chi riceve questo tipo di contestazioni deve:


  • chiedere l’accesso ai dati e ai criteri utilizzati per il confronto;

  • evidenziare che gli ISA non sono prova diretta di evasione;

  • dimostrare le specificità economiche della propria attività (strategie commerciali, costi straordinari, stagionalità, ecc.);

  • eccepire la violazione del principio di trasparenza e proporzionalità.


 In conclusione

Il punteggio ISA basso non può diventare automaticamente una prova di evasione.
Gli indici di affidabilità servono per orientare i controlli, non per costruire accertamenti fondati su presunzioni statistiche.


La giustizia tributaria non può ridursi a un confronto tra numeri medi e dati astratti: deve restare ancorata alla realtà economica di ciascun contribuente.
Perché, come spesso accade, dietro un utile basso non c’è evasione, ma solo impresa vera.



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