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Bancarotta prefallimentare: quando è punibile?

2025-10-30 09:41

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Bancarotta prefallimentare: quando è punibile?

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Non ogni atto compiuto da un imprenditore prima del fallimento può essere considerato reato di bancarotta.
La Corte di Cassazione ha chiarito che la bancarotta fraudolenta patrimoniale prefallimentare è un reato di pericolo concreto, cioè è punibile solo se l’atto compiuto è realmente capace di mettere a rischio i creditori.



In parole semplici: se un imprenditore, prima di fallire, vende o trasferisce beni della società, ciò diventa reato solo quando quell’atto riduce in modo serio la possibilità per i creditori di recuperare i propri soldi.
Non basta che l’atto sia “sospetto”: deve esserci un pericolo concreto e attuale per la massa dei creditori.





Quando scatta la punibilità


 Il giudice deve accertare due aspetti fondamentali:


  1. Il momento in cui è avvenuto l’atto
    L’atto è penalmente rilevante solo se compiuto in quella che i giudici chiamano la “zona di rischio penale”, cioè il periodo in cui l’impresa è già in grave crisi o prossima all’insolvenza.
    Se invece l’operazione è avvenuta quando l’azienda era ancora in buona salute economica (“in bonis”), non c’è reato, perché l’imprenditore può liberamente gestire i beni aziendali come ritiene utile.

  2. Il valore e l’effetto dell’atto compiuto
    Il giudice deve verificare quanto l’atto abbia inciso sul patrimonio.
    Se il bene sottratto o venduto ha un valore minimo o non ha realmente ridotto la possibilità dei creditori di essere soddisfatti, non si può parlare di bancarotta fraudolenta.
    Diversamente, se il valore è rilevante e la sottrazione ha reso più difficile il pagamento dei creditori, il reato è configurabile.


Esempio pratico

Immaginiamo la società “Alfa S.r.l.”.


  • A gennaio 2023, Alfa ha debiti per 800.000 euro e comincia ad avere difficoltà a pagare i fornitori.

  • A marzo 2023, l’amministratore vende un capannone del valore di 250.000 euro al fratello, per soli 50.000 euro, e incassa subito la somma in contanti senza versarla nei conti aziendali.

  • A settembre 2023, Alfa non riesce più a far fronte ai pagamenti e viene dichiarata fallita.

In questo caso, la vendita del capannone è avvenuta quando la società era già in crisi, e soprattutto a un prezzo molto inferiore a quello reale.
L’atto ha quindi ridotto in modo concreto la garanzia dei creditori.
Siamo dunque all’interno della “zona di rischio penale”: l’amministratore può essere accusato di bancarotta fraudolenta patrimoniale.


Diverso sarebbe se la stessa vendita fosse avvenuta due anni prima, quando la società aveva bilanci sani e nessun debito rilevante.
In quel caso, anche se l’atto può apparire imprudente, non sarebbe penalmente rilevante perché non vi era alcun pericolo concreto per i creditori.



Il dolo e il danno

La Cassazione precisa anche che il giudice deve valutare con attenzione l’intenzione dell’imprenditore.
Se l’atto è stato compiuto con consapevolezza della crisi e con lo scopo di sottrarre beni ai creditori, allora sussiste il dolo.
Se invece l’operazione era finalizzata, almeno apparentemente, a salvaguardare l’attività (ad esempio per ottenere liquidità o garantire continuità), il dolo va escluso.


Infine, la Suprema Corte chiarisce che non serve dimostrare un danno economico effettivo.
È sufficiente che ci sia stato un pericolo concreto.
Il fatto che il curatore, dopo il fallimento, sia riuscito a recuperare altri beni non elimina la responsabilità penale: il pericolo c’è stato, anche se poi il danno è stato evitato.



In sintesi

La bancarotta prefallimentare è punibile solo quando:


  • l’atto è stato compiuto in un momento di crisi o di insolvenza imminente;

  • il suo effetto economico è concretamente pericoloso per i creditori;

  • vi è consapevolezza da parte dell’imprenditore del rischio generato.

Quando, invece, l’impresa è in condizioni economiche normali e l’atto non crea un pericolo reale, non c’è reato.



L’importanza della consulenza specialistica

Le vicende di crisi d’impresa richiedono una lettura attenta e multidisciplinare: legale, contabile e aziendale.
Una gestione superficiale o mal consigliata può trasformare una normale difficoltà economica in responsabilità penale personale per l’imprenditore o l’amministratore.


Per questo è fondamentale affidarsi sempre a professionisti esperti, capaci di individuare per tempo la “zona di rischio” e di guidare la società verso una soluzione lecita e sostenibile — evitando che un problema economico diventi un problema giudiziario



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