Sponsorizzazioni indeducibili se generiche e di dubbia efficacia

Sponsorizzazioni indeducibili se generiche e di dubbia efficacia

Sponsorizzazioni indeducibili se generiche e di dubbia efficacia

Sponsorizzazioni indeducibili
se generiche e di dubbia efficacia
L’incerto ritorno per l’impresa e l’indeterminatezza del contratto nell’ambito del settore delle corse automobilistiche di rally non consentono di “scalarne” i costi
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Una recente decisione della Commissione tributaria provinciale di Ravenna (sentenza n. 19/02/14 del 15 gennaio 2014), respingendo il ricorso presentato da una società di capitali e decidendo in senso favorevole all’Amministrazione finanziaria, ha considerato indeducibili, ai fini Ires e Irap, compresa l’indetraibilità della relativa Iva, alcuni componenti negativi di reddito riguardanti alcuni contratti di sponsorizzazione nel settore delle corse sportive automobilistiche di rally.

In particolare, i giudici tributari sono pervenuti a tale determinazione conclusiva ritenendo, fra l’altro, che i contratti di sponsorizzazione presentavano un “contenuto estremamente generico” e, inoltre, avevano “ad oggetto forme di pubblicità di dubbio ritorno per la impresa”. 

La fattispecie concreta
La sentenza ha deciso, in senso favorevole all’Amministrazione finanziaria, un contenzioso che vedeva contrapposti la direzione provinciale di Ravenna delle Entrate e una società di capitali.
Più in dettaglio, i fatti sono ben riassunti dall’organo giudicante che, nella parte della propria pronuncia dedicata al fatto, ha puntualmente osservato che “…la società impugnava l’avviso di accertamento sopra rubricato con il quale l’Agenzia delle Entrate di Ravenna, provvedeva a rettificare i redditi dichiarati dalla società ai fini Ires, Iva, Irap e altre imposte, per l’anno d’imposta 2007, come meglio indicato nell’atto impositivo qui integralmente richiamato, redatto sulla scorta di un corposo PVC , chiedendone l’annullamento”.
Più precisamente, come anche osservato dalla stessa Ctp, l’atto impositivo contestava alla società:
1) di avere portato in deduzione costi per operazioni oggettivamente inesistenti relativi a sponsorizzazioni (fatture ricevute dalla società S.R. srl) per € 56.000,00 e di avere indebitamente detratto l’Iva per € 11.200,00;
2) di avere indebitamente detratto l’Iva afferente a costi per operazioni soggettivamente inesistenti relativi a sponsorizzazioni (fatture ricevute dalla società S.R. srl ) per € 2.800,00”.
 
La società ricorrente impugnava l’avviso di accertamento emesso dall’ufficio, contestando vari specifici elementi di fatto della concreta vicenda e sollevando anche molteplici eccezioni di natura eminentemente giuridica di portata generale.
In particolare, così come anche colto dai giudici romagnoli, i rilievi sollevati dal ricorso presentato dalla parte privata possono essere così riassunti:
  • preliminarmente la parte privata eccepiva “la decadenza dell’ufficio dal potere accertativo per l’annualità 2007, il quale si è avvalso del beneficio del raddoppio dei termini per l’accertamento per effetto della presenza di violazioni giudicate penalmente rilevanti in capo alla condotta della società contribuente, ai sensi dell’articolo 2 Dlgs 74/2000, ma l’ufficio avrebbe potuto avvalersi del predetto ‘raddoppio dei termini’ solo nel caso in cui avesse proceduto a proporre denuncia della parte alla Procura della Repubblica prima della notifica dell’accertamento
  • nel merito, la società ricorrente contestava il fatto che “l’Agenzia delle Entrate basa i propri accertamenti sulle risultanze della verifica fiscale eseguita e contenuta nel PVC del 30.10.2012 e nella fattispecie dall’esame del rapporto contrattuale intercorso con la società S.R. srl (società operante nel mondo dei rally e delle corse) la quale ha fornito prestazioni pubblicitarie e promozione del marchio “N. I. srl” mediante apposizione del logo sulle vetture da competizione impegnate in manifestazioni agonistiche e fieristiche della specialità rally, dietro pagamento di un corrispettivo, regolarmente versato e registrato in contabilità dalla società contribuente, ottenendo benefici commerciali. La società ricorrente sostiene che è proprio nel settore delle corse che si può promuovere il proprio marchio e acquisire nuova clientela per sviluppare gli affari sia localmente sia in altre aree territoriali”.
L’Amministrazione finanziaria resisteva in giudizio ribattendo punto per punto, sia ai rilievi specifici del caso concreto sia, e soprattutto, contestando anche quelli generali appena sopra citati.
Più in dettaglio, come anche osservato dalla Ctp, la Dp di Ravenna dell’Agenzia, nei propri atti difensivi, sottolineava, in primo luogo, che “L’ufficio prima di notificare l’avviso di accertamento ha preventivamente inviato alla competente Procura di Ravenna la notizia di reato secondo quanto previsto dall’art.331 cpp per il reato punibile ai sensi dell’articolo 2 del Dlgs n. 74 del 2000 (dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture per operazioni inesistenti) per l’anno d’imposta 2007 il 14.11.2012, copia allegata alle deduzioni (all.2)…”.
In secondo luogo, con riferimento alle spese di sponsorizzazione, l’Amministrazione finanziaria precisava che “occorre notare che il citato controllo si inquadra in un più ampio progetto nazionale denominato ‘Off Road’ relativo al settore delle corse automobilistiche e nello specifico al mondo delle scuderie rally in cui diverse società si trovano coinvolte, descritte con articolate e lunghe deduzioni e anche nelle motivazioni dell’accertamento a cui si rimanda per una integrale e puntuale lettura. L’ufficio su tutti i punti ribadisce la bontà del proprio operato e concludeva chiedendo il totale rigetto del ricorso con vittoria di spese di giudizio”.
 
La motivazione della sentenza
La Commissione tributaria romagnola ha compiutamente esaminato le contrapposte posizioni assunte dall’Ente impositore e dalla parte privata, nonché i molteplici elementi posti dall’Amministrazione finanziaria alla base dei rilievi fiscali mossi alla società di capitali.
Tutto ciò ha consentito al collegio giudicante di merito di cogliere, con precisione e puntualità, la complessa attività istruttoria posta in essere dall’ufficio tributario e poi trasfusa nella parte motivazionale dell’atto impositivo emanato.
Passando all’analisi della parte motiva della pronuncia resa dai giudici, deve porsi in evidenza come sono due i passaggi fondamentali del percorso logico-giuridico che ha guidato le loro determinazioni conclusive.
 
Sulla decadenza dal potere accertativo in capo all’Amministrazione finanziaria
I giudici tributari romagnoli, nella parte motiva della propria decisione, hanno chiaramente ritenuto, in primo luogo, che “Per quanto attiene alla supposta decadenza dell’ufficio, dal potere accertativo, si rileva che l’Agenzia delle Entrate di Ravenna ha provveduto a depositare denuncia alla Procura di Ravenna, protocollata in data 15.11.2012 a carico della N. I. srl, quale ‘Denuncia ex articolo 331 del c.p.p’, e tale denuncia produce l’effetto immediato del ‘raddoppio dei termini’ per la notifica di accertamenti a carico della società contribuente. L’accertamento infatti è stato notificato il 22.4.2013 e quindi successivamente a tale denuncia e pertanto risulta regolarmente nei termini”.

Sulla certezza e inerenza dei costi
Con riguardo ai contratti di sponsorizzazione, la Ctp di Ravenna, nella parte centrale dell’impianto motivazionale della propria decisione, ha, in primo luogo, sottolineato che “la stipula di un contratto di sponsorizzazione è ovviamente, come sostengono i ricorrenti, attività del tutto lecita, conforme alle esigenze della impresa, ed inerente agli scopi dell’imprenditore che sono quelli di raggiungere sempre migliori risultati aziendali. L’ufficio non ha però contestato la stipula dei contratti di sponsorizzazione. Circa la doglianza sulla presunta assenza della facoltà, per l’Amministrazione finanziaria, di sindacare le scelte dell’imprenditore relative alla propria attività, si evidenzia che la giurisprudenza della Corte di cassazione, con la sentenza n. 5374 in data 04.04.2012, ha affermato che rientra nei poteri dell’ufficio, in sede di accertamento, la valutazione dell’inerenza e finanche della congruità dei costi e dei ricavi esposti nel bilancio e nelle dichiarazioni”.

In relazione a tale aspetto, proseguendo nel proprio ragionamento logico-giuridico, i giudici romagnoli hanno, in secondo luogo, puntualmente evidenziato che si deve, inoltre, osservare che “i contratti: a) stipulati con soggetti altamente sospetti; b) dal contenuto estremamente generico; c) aventi a oggetto forme di pubblicità di dubbio ritorno per la impresa; d) dall’esame visivo delle foto delle auto si rileva che la scritta ‘N. I.’ è sempre riportata in basso sulle vetture e in mezzo a una miriade di altre scritte di altri sponsor tali che di fatto rendono pressoché invisibili ed illeggibili tali messaggi pubblicitari e quindi assolutamente privi di un’efficacia sul pubblico. L’enormità delle scritte contenute sulle auto da rally danno la percezione di dovere solo formalmente giustificare che la pubblicità è stata fatta in base a un impegno contrattuale, peraltro stipulato con una miriade di inserzionisti e ciò accredita a maggior ragione le motivazioni dei verbalizzanti e di quanto sostenuto con ampie e valide argomentazioni dell’ufficio”.

È importante evidenziare che, con tali ultime statuizioni, la Ctp di Ravenna perviene alla determinazione di considerare indeducibili i costi di sponsorizzazione anche in quanto ritenuti non inerenti all’attività svolta dalla società di capitali che ha presentato ricorso.
Con riferimento al principio di inerenza si osservi che il dettato normativo di riferimento, per l’individuazione della sussistenza di tale principio ai fini dell’imposizione diretta, va individuato nel comma 5 dell’articolo 109 del Tuir, secondo il quale “le spese e gli altri componenti negativi diversi dagli interessi passivi, tranne gli oneri fiscali, contributivi e di utilità sociale, sono deducibili se e nella misura in cui si riferiscono ad attività o beni da cui derivano ricavi o altri proventi che concorrono a formare il reddito o che non vi concorrono in quanto esclusi”.
Il fondamentale principio in esame rappresenta un requisito indispensabile ai fini della deducibilità di un componente negativo di reddito.
In particolare, il principio di inerenza presuppone nel concreto un’analisi preventiva e fattuale atta a verificare il collegamento del singolo costo all’attività di impresa, in un rapporto di causa-effetto per cui, a fronte del sostenimento del costo (che rappresenta la causa), sia possibile la realizzazione dell’attività (ossia l’effetto) da cui derivano i redditi imponibili.

Utili precisazioni in merito all’applicazione concreta del principio di inerenza sono contenute anche nella decisione della Corte di cassazione 9196/2011.
I giudici di legittimità hanno chiarito che “…perché un costo possa essere incluso tra le componenti negative del reddito, non solo è necessario che ne sia certa l’esistenza, ma occorre altresì che ne sia comprovata l’inerenza, vale a dire che si tratti di spesa che si riferisce ad attività da cui derivano ricavi o proventi che concorrono a formare il reddito di impresa. Per provare tale ultimo requisito, non è sufficiente, poi, che la spesa sia stata dall’imprenditore riconosciuta e contabilizzata, atteso che una spesa può essere correttamente inserita nella contabilità aziendale solo se esiste una documentazione di supporto, dalla quale possa ricavarsi, oltre che l’importo, la ragione della stessa (cfr Cassazione 24.3.2006 n. 6650; cfr 18.12.2006, n. 27095; 20.11.2001, n. 14570; 25.6.1998, n. 6300)”.

Ancora più di recente, la suprema Corte, con l’ordinanza n. 9/2013, ha fornito precise linee guida che possono trovare applicazione nelle ipotesi in cui l’Amministrazione finanziaria muove ai contribuenti contestazioni fondate sull’operatività concreta del principio di inerenza; più precisamente, anche con tale ultimo citato arresto giurisprudenziale, i giudici di legittimità hanno confermato che l’inerenza dei costi resta sottoposta alla valutazione del giudice di merito, il cui vaglio non può essere censurato se non per vizio di motivazione, ma che deve comunque seguire nella valutazione dei fatti di causa un “criterio logico”.
In altri termini, il requisito dell’inerenza, onere del contribuente, non può essere ridotto al mero ragionamento senza ricorrere a prove di fatto.

Con riferimento, infine, alla ripartizione dell’onere probatorio nelle ipotesi di applicazione concreta del principio di inerenza, giova evidenziare che la Corte di legittimità ha chiarito, con un orientamento giurisprudenziale consolidato, che è principio inderogabile quello secondo cui è il contribuente che invoca la detrazione/deduzione a dover dimostrate (exarticolo 2697 codice civile), ai fini della richiesta della detrazione/deduzione delle spese sostenute, che le operazioni passive sono state effettuate “in stretta connessione con le finalità imprenditoriali”.
La Corte suprema ha, infatti, ripetutamente affermato che, se è vero che spetta all’Amministrazione finanziaria, nel quadro dei generali principi che governano l’onere della prova, dimostrare l’esistenza dei fatti costitutivi della maggiore pretesa tributaria, è altrettanto vero che il contribuente che intenda contestare la capacità dimostrativa di quei fatti, oppure sostenere l’esistenza di circostanze modificative o estintive dei medesimi, deve dimostrare, a sua volta, gli elementi sui quali le sue eccezioni si fondano (cfr Cassazione 10802/2002 e 18762/2006).
Da ciò ne è derivato il principio che, in mancanza di elementi certi e precisi forniti da parte del contribuente, non sono deducibili dal reddito d’impresa i costi ritenuti dall’ufficio non inerenti (cfr Cassazione 19489/2010).

Risulta essere, quindi, del tutto consolidato l’orientamento giurisprudenziale di legittimità secondo cui, in materia di imposte sul reddito, con riferimento alla determinazione del reddito d’impresa, l’onere della prova circa l’esistenza e l’inerenza dei costi, ai sensi del disposto dell’articolo 2697 del codice civile, incombe al contribuente, per cui (cfr sentenze 23731/2013, 7701/2013, 3340/2013, 18930/2011, 26851/2009, 11078/2008, 1709/2007, 18710/2005, 11240/2002, 10802/2002 e 16198/2001) è questi che deve documentare che i costi stessi sono stati effettivamente sostenuti e soprattutto che sono anche inerenti all’esercizio dell’impresa.

Le conclusioni raggiunte dalla sentenza della Ctp di Ravenna
Sulla base della appena riassunta articolata parte motivazionale della propria sentenza, i giudici romagnoli hanno, dunque, respinto il ricorso della società di capitali confermando, quindi, totalmente i recuperi di imposta operati dall’Amministrazione finanziaria.
Fonte
Maurizio Dalla Vecchia
pubblicato Lunedì 17 Febbraio 2014
http://www.fiscooggi.it/giurisprudenza/articolo/sponsorizzazioni-indeducibilise-generiche-e-dubbia-efficacia